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«Ci univa il dolore della guerra»

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Ti copro io le spalle". Il che significava che avrebbe fatto al posto mio il lavoro in redazione e mi avrebbe difeso dalle ire del direttore del giornale. Chi ricorda l'Enzo Biagi televisivo - quello del "Fatto" e delle mirabili inchieste - non ha idea di come fosse al di fuori del suo ruolo professionale. Per prima cosa, era un formidabile umorista: uno di quei rari affabulatori che ti fanno piegare in due dalle risate, pur mantenendo un'espressione impassibile. Non a caso una volta lo definimmo il Buster Keaton del giornalismo. I detrattori lo hanno spesso sminuito come "deamicisiano", per le storie patetiche e compassionevoli che andava scrivendo su libri e giornali. Ma era semplicemente una etichetta maligna, di cui anzi andava giustamente orgoglioso. Anche perché Edmondo de Amicis, egli diceva, non è stato solo il più popolare narratore dell'Ottocento; è stato anche uno dei più affascinanti. Ho avuto l'avventura di lavorare con Biagi per alcuni decenni: lui il direttore di "Epoca" ed io corrispondente di quel settimanale da New York. Fu dietro il suo stimolo, e grazie alla sua tenacia, che riuscii a stanare Marilyn Monroe nell'appartamento di New York (Sutton Place, 2) e a rivelare la sua passione da collegiale per il celebre commediografo Arthur Miller. Biagi non era quel che si dice un poliglotta, perché parlava soprattutto bolognese con l'accento del paesello d'origine (Lizzano in Belvedere). Quando venne negli Stati Uniti per una serie d'inchieste sui grandi personaggi del teatro e del cinema, mi chiese di accompagnarlo. E così andammo a Brooklyn, in casa di Miller, qualche settimana prima che lui piantasse la moglie per Marilyn. Lei era una donna mite e gentile, che Arthur aveva conosciuto ai tempi dell'università: ebbi la sensazione che non si fosse ancora accorta della tegola che le sarebbe piovuta tra poco sulla testa. Al contrario, sembrava molto sicura del suo legame. E difatti, quando ci offrì il suo dolce preferito - la apple-pie, la torta di mele - Arthur ci fissò serio e disse: "Come potrei trovare un'altra donna che sa cucinare queste delizie"? Qualche mese dopo, Miller dormiva tra le braccia di Marilyn. Io telefonai la primizia a Biagi. Al che lui citò, a mo' di commento, un celebre film che entrambi avevano amato: "Gli uomini che mascalzoni". L'ultima volta che ci siamo incontrati, qualche tempo fa, è stato nella sua casa a Pinazzo, ai piedi dell'Appennino emiliano. Parlammo dei nostri primi incontri, del giornalismo di quando eravamo ragazzi. Enzo disse una delle sue frasi predilette: "che prima di assumere un cronista bisognerebbe esaminare le sue scarpe". Ma perché proprio le scarpe? domandai. E lui, serio e puntuto: "Perché se sono impolverate significa che si è dato da fare e non è stato ad aspettare la manna seduto al caffè". Dovessi scrivere un giorno una breve biografia di Biagi, la titolerei. "La polvere sulle scarpe". Perché lui ne mangiò tanta, di polvere, fin da quando mosse i primi passi dal paesello natio di Pianaccio alla mitica Milano dei giornali e dei danée.

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