Endrigo, un re dimenticato da vivo celebrato da morto

{{IMG_SX}} Una serata particolare, discreta, come sarebbe piaciuta al protagonista. Sotto la direzione del maestro Adriano Pennino, sfilano artisti vecchi e nuovi, da Roberto Vecchioni a Morgan, da Marisa Sannia (scoperta, lanciata e prodotta proprio da Endrigo) a Gianni Morandi (che per tanti anni fu vicino di casa del cantautore di Pola), da Ornella Vanoni a Gino Paoli. Ecco allora "Adesso si", "Teresa", "Aria di neve", "L'arca di Noè", "Canzone per te","Via Broletto" e tante altre ancora; un repertorio di grandi successi (qualche volta addirittura internazionali) con qualche piacevole sorpresa. Il clima è giusto anche se è sgradevole notare qualche presenza di troppo, artisti spregiudicati che ormai omaggiano chiunque pur di ottenere un riscontro, una vetrina personale, un minimo di illuminazione. Un esempio. C'è Sergio Cammariere e non c'è Dino, lanciato da "Te lo leggo negli occhi", un brano che ancora oggi fa parte del repertorio dal vivo del cantante veronese (che certamente avrebbe gradito l'invito, al pari di un'altra meritevole artista scaligera, Gigliola Cinquetti). Tutto questo tenendo presente che nella sua lunga carriera Sergio Endrigo fu in qualche modo artista scomodo, dalla caratterialità puntuta, che però non rifiutò mai il palcoscenico popolare o il rischio del grande pubblico. Forse è questo che si doveva ricordare con maggior coerenza. Ma del resto oggi la musica leggera vive anche in questo modo: succhiando la ruota a quei pochi artisti che ancora hanno idee, ispirazione e risorse e vampirizzando i grandi del passato. Sergio Endrigo non è morto improvvisamente. Al contrario, si è consumato anno per anno tra la trascuratezza dei colleghi, dei discografici, dei cosiddetti operatori culturali del settore. Ma siccome era persona spiritosa scrisse anche un libro su questo doloroso isolamento, sull'emarginazione che era costretto a subire. Oggi viviamo in un clima di omaggi senza fine, da Mia Martini a Rino Gaetano, da Umberto Bindi a Ivan Graziani. Giorgio Gaber, altro perenne "omaggiato", direbbe che non si fa in tempo a morire che ecco pronto il tributo. Non a caso in "Ciao poeta" compare anche Bruno Lauzi, alla sua ultima esibizione. E oggi anche Lauzi è un cantante che raccoglie innumerevoli contributi. Per carità, niente di male, anche se crediamo che se proprio gli artisti debbano essere omaggiati sarebbe meglio farlo quando sono vivi, quando hanno ancora qualcosa da dire e nessuno li ascolta e li riceve. Proprio come è accaduto a Sergio Endrigo. Farlo quando sono morti è troppo facile.