Il mito di Faust

Niente Hollywood, però, e niente produzioni mastodontiche. Un film dimesso, raccolto (anche se ai margini del fantastico), girato, quasi tutto in Romania, sia pure, al centro, con uno dei più celebrati attori americani, Tim Roth. L'occasione della Romania gliel'ha suggerita anche lo spunto cui si è rifatto, un racconto di Mircea Eliade, noto studioso delle religioni, lì ambientato nonostante poi l'intreccio si sposti anche in Svizzera, in India e a Malta. Il protagonista, Dominic Matei, non riuscendo a concludere l'opera della sua vita, uno studio sull'evoluzione dei linguaggi alla cui realizzazione ha sacrificato persino l'amore per una ragazza, Laura, poi morta di parto, tenta, in un giorno di Pasqua del '38, di uccidersi con il veleno. È invece raggiunto da un fulmine che, anziché incenerirlo, dopo varie cure in una clinica, lo ringiovanisce. Aveva più di ottant'anni, ora ne ha quaranta. Felice del tempo che adesso ha a disposizione, torna ai suoi studi anche se, essendo diventato un fenomeno da analizzare, è subito oggetto di ricerche scientifiche da parte di medici nazisti pronti a rapirlo. Allora fugge in Svizzera, mutando identità, e lì, dopo la guerra, si imbatte in una ragazza che assomiglia alla sua Laura e che, anche lei colpita da un fulmine, regredisce in alcuni momenti verso evi lontani di cui parla lingue quasi sconosciute: non solo il sanscrito, ma l'egiziano antico e il babilonese. Una grande occasione per Dominic di approfondire i suoi studi sull'origine dei linguaggi, ma si innamora della ragazza e lei, innamorandosi a sua volta di lui, subisce, quasi per contagio, un processo di invecchiamento. Per amore, così, Dominic rinuncerà a lei (come, invece, da giovane, non aveva rinunciato a Laura) e si ritroverà di nuovo in Romania (con l'altra, dopo un viaggio in India, era approdato a Malta) e di colpo invecchiato, morirà. Di sfondo, certo, il ricordo del mito di Faust. Coppola, però, reinterpretando Eliade, ha dato per un verso molto spazio, con momenti intensi, alla storia d'amore, accompagnandola, per un altro, a riferimenti filosofici, occasioni simboliche (persino con un «doppio» negativo del protagonista) affidando poi l'insieme, con un linguaggio piano semplificato nelle tecniche (non ci sono movimenti di macchina), ad atmosfere quasi rarefatte. Fra ideologie e dramma Tim Roth, gli si adegua: nella realtà e nel sogno. Con incubi.