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Dagli Stati Uniti arriva il giustiziere anti-rumori

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Da questa attività, su cui molti fantasticano ma alla quale pochi, per fortuna, di dedicano, ha tratto l'esperienza per realizzare «Noise» (rumore). Nel film, arrivato ieri alla Festa del Cinema, un avvocato cinquantenne (Tim Robbins, che inviando sentite scuse non si è presentato all'evento) dichiara guerra all'inquinamento acustico e decide di «giustiziare» a colpi di martello, pinze e cacciavite le fonti di rumore a New York, concentrandosi in particolare sugli allarmi delle automobili. «Il rumore - ha detto il regista - è una metafora del potere: ci impedisce di pensare come dovremmo. Il governo ha la bocca ma non le orecchie: fa discorsi, dichiara le guerre ma non ascolta i cittadini, i sondaggi non sono tenuti in considerazione ed è impossibile riuscire ad ottenere quello che si vuole». E poi: «Il protagonista sono io. Anch'io vivo a New York e anch'io, a un certo punto della mia vita, sono esploso e ho iniziato la mia lotta al rumore. Dopo essere stato in carcere, proprio come il protagonista, però, ho dovuto scegliere tra verità e felicità e ho scelto la seconda - ha proseguito seguendo un filo logico molto personale che non ha mancato di divertire i presenti - La ricerca della verità mi stava portando alla distruzione fisica ed economica. Così ho deciso di investire quei soldi che mi servivano per uscire di galera per girare il film». Nella pellicola anche un bravissimo William Hurt. Il film è il secondo capitolo della trilogia del regista sulla follia. Il primo è stato «The Believer» in cui Bean racconta la vita di un giovane ebreo, disperato e confuso, che diventa antisemita. Con «The Believer» Bean ha vinto il Gran Premio della Giuria al Sundance Festival nel 2001. «Il tema centrale della mia trilogia - ha spiegato il regista - più che la follia alla fine sarà il fanatismo politico».

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