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Quando il sorriso di un bambino risolve le nevrosi dei grandi

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IL «LISCIO» è il ballo tipico ballato soprattutto in provincia, nelle balere popolari. Ha avuto e ha ancora i suoi cultori e i suoi musicisti, rispettosi in tutto delle sue tradizioni. Claudio Antonini, dopo un film, anni fa, che non ebbe molta risonanza, «Passi sulla luna», ce ne racconta oggi i climi e le musiche ambientandoli, fuori stagione, sulla riviera romagnola dove ha sempre largo seguito. Una giovane madre, Monica, e il suo figlioletto di dodici anni. Raul. Lei canta sulle orme del padre che ha perso da poco, ma vorrebbe cambiare genere, con ben altre ambizioni. Il figlio, invece, non la asseconda e, soprattutto, non asseconda quel suo continuo cambiare uomini, dato che del marito, lontano, non si parla più. Un giorno, visto che ogni volta lei si sceglie l'uomo sbagliato e poi ne soffre, decide di trovarle l'uomo giusto e pensa al suo insegnante di musica a scuola, riuscendo a farli incontrare. L'altro però - Raul non lo sa - è fidanzato e non se ne farà nulla, ma tra il bambino e le mamma si arriverà comunque, in un finale volutamente irrisolto, a un accordo pacificatore che a lei permetterà anche di soddisfare le sue ambizioni di cantante. Tutto visto dal bambino che è, difatti, la voce narrante della storia: con semplicità, con freschezza, con colori precisi sia nel disegno dei bambini attorno al piccolo protagonista, spesso un po' discoli, sia in quello degli adulti, specie nel tratteggio lieve di quel rapporto madre-figlio attraversato spesso da piccoli equivoci e da sommesse increspature, portati avanti con intuizioni psicologiche di un certo garbo, soprattutto quando, con felice trovata, la figura adulta, e responsabile, risulta molto più quella del figlio che non quella della madre. Con immagini nitide e spesso di segno sicuro, sia negli interni borghesi, sia negli esterni su certe spiagge invernali prodighe di panorami desolati, ma quieti. Come quella regia che conduce avanti l'azione e vi muove tra le pieghe i personaggi senza mai calcare la mano, evitando a tal segno gli accenti forti che, appunto, al momento di concludere, si finisce per privilegiare solo dei toni sospesi. Senza la ricerca del finale aperto. Monica è, con l'abituale, decisa espressività, Laura Morante, che qui si impegna anche a cantare in modo piacevole. Raul è il quasi esordiente Umberto Morelli, una faccetta simpatica, accesa da due occhi grandi che tutto osservano e giudicano. Con saggezza. La chiave gentile del film.

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