dall'inviato STEFANO MANNUCCI PARIGI - Lei avrà forse 17 anni, e un volto di reminiscenza preraffaellita.
Il luogo è di quelli che incutono timore: questa un tempo era l'ala di un'abbazia, e sulle sue pareti da secoli occhieggia una collezione di 80 mila volumi pregiati. Oggi invece il complesso appartiene - come se una cultura atavica e religiosa tentasse la compenetrazione architettonica con il laicismo di fine ottocento - al prestigioso Liceo Henry IV. Quello, per dire, dove ha studiato Proust, e dove oggi si forma la futura classe dirigente transalpina, che dopo il diploma verrà dirottata alla Ecole Normale. Qui, come in altri sette istituti superiori parigini, si insegna la nostra lingua. Stavolta, gli studenti hanno un compito in più: sono nella giuria del Prix Grinzane France, che l'anno scorso premiò Nicola Ammaniti e ora vede in lizza quattro finalisti, con altrettanti libri tradotti quassù. Sono Alain Elkann con "Una lunga estate", Gianni Riotta con "Alborada", Rosetta Loy ("Nero è l'albero dei ricordi, azzurra l'aria") e Vincenzo Cerami ("Un borghese piccolo piccolo"). Sono questi ultimi due a dibattere. Lei sostiene: «Noi siamo la nostra memoria. Ricordare ciò che è accaduto nel secolo scorso, con gli orrori delle guerre, vi porterà a compiere delle scelte giuste. È necessario sapere, per non farsi stritolare dall'ambiguità del mondo». Lui ribatte: «Io sono per dimenticare la Storia e cercare di dare un senso a questa contemporaneità che fugge via veloce, in un'esplosione di segni, e con un'offerta tecnologica ancora vuota di significato e certamente ansiogena». Alla fine, è la ragazzina dai capelli color miele a dare un colpo di cesoia a quell'insanabile dissidio filosofico: «Io non ho passato e credo molto nel futuro. Vi faccio una proposta», azzarda con le guance accese. «Perché non suggerite alla gente di immaginare? Possediamo gli strumenti per decifrare il passato, i ricordi sono importanti, ma ora dobbiamo guardare oltre». E suona quasi come un'altra rivoluzione, all'ombra massiccia del Pantheon, dove riposano Hugo e Zola, Rousseau e Voltaire - insomma i giganti del pensiero francese - e universale. Rosetta Loy è disarmata: «Giusto, ma sarà la vostra generazione a dover affrontare il problema: io ho visto le deportazioni degli ebrei quando ero bimba, per molti di noi il futuro non si è mai concretizzato. Appartengo a un'altra epoca, non ho più la vostra purezza mentale». Più sornione Cerami, che nella sua fluviale prolusione ha rifiutato l'etichetta di scrittore tout-court, lui che inventa per il cinema, per il giornalismo, e anche per i fumetti: proprio in questi giorni viene pubblicata a Parigi (in Italia arriverà in autunno) "Gli occhi di Pandora", un'opera a quattro mani con Milo Manara, «dove - spiega - il problema è trovare parole da confinare nello spazio di una nuvoletta». Cerami, per autodefinizione, è un «raccontatore», ed evoca più volte il suo mentore Pasolini, ma anche l'amico Dudù La Capria, «che quando era un bambino vide con suprema emozione, nel suo giardino, un uccellino che gli si posava sulla spalla. Il cuore gli martellava in petto, e lui corse a dirlo alla mamma, che però minimizzò. La Capria protestò: "Come, non è nulla? È una cosa meravigliosa, e dovrò trovare le parole per descriverla a tutti"». Da qui la simile «ossessione, la nevrosi» dello stesso Cerami per raccontare storie. E sarà proprio il suo "Un bourgeois petit petit", trent'anni dopo l'edizione italiana e il film magistralmente interpretato da Sordi, a conquistare il cuore degli adolescenti di quassù, e a meritargli la corona di supervincitore della seconda edizione del Grinzane France. Ma il premio, che Giuliano Soria continua ad esportare nel mondo, non si limita a segnalare i nostri scrittori all'attenzione del giovane pubblico internazionale. Qui a Parigi, alla Maison d'Italie della Città Universitaria, non è mancata l'occasione per un convegno sui problemi dell'esportazione della nostra letteratura in Francia: in