«Credo nel potere delle parole che ci salvano e nella scrittura che può influenzare il mondo ma anche il silenzio ci dimostra chi siamo»

Non lui, nato a Londra nel 1932, ma la sua attività di commediografo. Era il 1957 e il giovane Wesker dava alla luce "The Kitchen", commedia che ancor oggi rimane una pietra miliare del teatro contemporaneo. Outsider del teatro inglese, Wesker è il più imprevedibile, il meno inserito fra i drammaturghi inglesi della sua generazione. È sempre stato insofferente a qualsiasi etichettatura (prima fra tutti quella di angry young man, "giovane arrabbiato", che non ha mai accettato) perché, come egli dice, «l'immagine congelata è la maledizione dell'artista». Il suo atteggiamento nei confronti della società non è cambiato di molto rispetto alle sue prime "creature". Dalla "Trilogia" a "Groupie" (rappresentato in Italia con successo nel 2003, con la regia di Memè Perlini, protagonista Simona Marchini), sir Arnold ha perseguito il suo impegno politico e sociale con fede - e qualche volta rassegnazione! - al suo Dio che altri non è che espressione attiva dell'individuo alla ricerca di una via d'uscita dal labirinto della solitudine. Presidente del "forum", organizzato da Neville Shulman al Soho Theatre & Writers Centre Studio di Londra, sui cambiamenti del "climate" teatrale contemporaneo, ha così concluso: «Io credo che il clima teatrale possa realmente cambiare solo quando un commediografo scriva una nuova commedia brillante che contribuisca a rivalutare le nostre vite e/o i nostri valori, o la nostra visione della condizione umana». Wesker, conosciamo i "quando" del suo inizio come commediografo, ma non i "perché"… «Gli scrittori inglesi non tendono a pensare a se stessi in termini così elevati come "sognatori" o "ricercatori della verità". Mi perdoni se trovo la mia risposta in una delle mie commedie, "Annie Wobbler": "Uno scrittore viene intervistato da un giornalista che gli chiede: Forse dovremmo tornare all'inizio e chiedere come e quando ha iniziato a scrivere. Lo scrittore cerca di rispondere:Penso che ho iniziato a scrivere quando ho provato il desiderio di influire sugli altri così come gli scrittori avevano influito su di me. Penso". È questa, più o meno, la mia risposta. Penso che ho iniziato a scrivere quando ho provato il desiderio di influire sugli altri così come gli scrittori hanno influito su di me». Nelle sue commedie, da "The Kitchen"e "Roots" fino alle più recenti, lei affronta il tema del silenzio come antidoto al rumore delle parole… «Credo nel potere delle parole, ma credo anche che, a volte, il silenzio può parlare. Il silenzio ci dà il tempo per riflettere. Il silenzio ci consente di toccare e baciare, cucinare pasti, stirare camice, creare una libreria. In altre parole, il silenzio ci consente di "mostrare", di "dimostrare chi siamo mediante l'azione"». Il "sogno" è una costante nelle sue opere… «La necessità di sognare qualcosa di meglio per sè o per il mondo che ci circonda, è rappresentata, a mio avviso, nella prima storia in assoluto, quella di Adamo ed Eva. Hanno perso l'Eden, e tutti gli sforzi umani da quel momento in poi si sono concentrati per riguadagnare il Paradiso Perduto. Se si cerca di creare un bel giardino, una famiglia funzionale, una società giusta, qualsiasi cosa che sia ordinata e bella, la grinta per raggiungere il proprio ideale rappresenta un sogno umano fondamentale: il sogno di riconquistare il paradiso». Le donne sono le grandi protagoniste delle sue commedie. Da dove scaturisce questa "preferenza" e perché sono più positive rispetto agli uomini? «Sono sempre stato più al mio agio in compagnia delle donne che degli uomini. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che ero circondato, da bambino, da donne forti: mia madre, una sorella di otto anni più grande di me, zie e cugine belle, intelligenti e energiche. Trovo che le donne siano più coraggiose, più schiette, più oneste, semplicemente più interessanti degli uomini. Ovviamente esistono delle eccezioni. Non c'era alcuna intenzione psicologica, ho semplicemente espresso una preferenza». "Solitaire-Solidaire", sono le parole di Camus per descrivere il suo itinerario intel