Visti dal critico
Un dramma che convince solo in parte
«L'AMORE giovane» è il titolo con cui è stato pubblicato qui da noi un romanzo autobiografico dell'attore e regista americano Ethan Hawke che, in originale, si intitolava «The Hottest State». Con un doppio significato: «lo Stato più caldo» perché il protagonista veniva dal Texas, e «la situazione più calda» dato che quello stesso protagonista, ventunenne, era nell'età in cui l'amore si manifesta come la più ardente delle passioni». Si parte, perciò, dal Texas da dove arriva a New York per fare l'attore il giovane William che si è lasciati alle spalle una madre divorziata e il ricordo traumatizzante di un padre che non ha più visto da quando aveva otto anni. Una sera incontra Sara che aspira a cantare. Se ne innamora e di colpo, furiosamente («hottest»), ma sulle prime ne è quasi respinto perché la ragazza è reduce da una forte delusione sentimentale. Poi, con l'occasione di un viaggio in Messico dove lui deve recitare in un film, non solo l'amore esplode in entrambi ma si risolve in ore caldissime di sesso (sempre l'«hottest» che si fa avanti). Sara, però, dopo quella breve trasferta, rientrata a New York dove William, finito il film, la raggiungerà sempre ardente di passione, tornerà a rinchiudersi nel suo guscio, portando l'altro alla disperazione. Si calmerà, facendosene una ragione e pronto adesso ad affrontare la vita, dopo un breve, inatteso incontro con il padre che, pur non avendogli certo dato un buon esempio, riuscirà a trovare almeno le parole giuste per risolvere il suo dramma. Si parla molto, anche perché, per trascrivere il suo romanzo in vista dello schermo, Hawke ha fatto ricorso alla voce fuori campo del protagonista che commenta, riassume e ricorda. Aggiungendovi, per segnalare alcuni momenti della sua infanzia, dei flashback che non giovano alla linearità del racconto. Tuttavia quel contrasto fra i protagonisti, con le diverse e quasi opposte reazioni dei due di fronte all'amore, ha una sua innegabile vitalità narrativa cui la regia riesce poi a dare, sia a New York sia in Messico, dei toni sempre molto risentiti e quasi aspri: con momenti in cui si fa persino strada la violenza, pur riscattata da immagini che, quasi per contraddirla, prediligono un formalismo figurativo non lontano dalla calligrafia. Gli interpreti, però, si tengono al realismo più immediato. In modo convincente la colombiana Catalina Sandino Moreno, già vista in «Maria Full of Grace» di Joshua Marston, con accenti non sempre adeguati di fronte a lei Mark Webber («Broken Flowers» di Jim Jarmush) quasi totalmente privo di carismi. La madre di lei è Sonia Braga, vista con spazi più consoni, quella di lui è, con segni forti, Laura Linney. Il personaggio del padre se lo è riservato lo stesso Ethan Hawke, solo plausibile.