Visto dal critico
CINEMA belga. Ad opera di un autore, Joachim Lafosse, incontrato spesso nei festival all'insegna di una severità meditata, presente anche nei film di oggi, salutato con molta simpatia la scorsa estate alla Mostra di Venezia, soprattutto per il suo fine ma anche deciso impianto psicologico. Al centro, una madre divorziata e ancora piacente, Pascale, con due figli gemelli e ormai adulti, Thierry e François. L'ex marito viene ogni tanto a vederli ma lei, che sta cominciando ad avere una relazione (più sensuale che non sentimentale) con un vicino di casa, lo accoglie sempre con una asprezza quasi irosa, tanto che ogni loro incontro finisce regolarmente in lite. I due figli sono cresciuti in quei climi ostili così, pur essendoci tra loro i legami stretti che in genere ci sono tra gemelli, se la prendono spesso anche con la madre, specialmente uno dei due quando scopre che lei, per rifarsi una vita altrove, medita di vendere la bella casa in mezzo alla campagna in cui vivono da sempre. Sarà questi, per un'occasione piuttosto futile a scagliarsi contro l'altro fratello fino a provocargli un incidente molto grave, dai contorni sulle prime quasi fatali. Risolto invece senza troppo danno, servirà in un finale sospeso ma prossimo alla pacificazione, a rimettere tutto insieme (ce lo rivela, muta, quella raccolta dei cocci sparsi dappertutto) riuscendo perfino a riavvicinare un po' Pascale all'ex marito. Le psicologie, appunto studiate fino ai margini dell'intimismo. Molti scontri verbali, proposti soprattutto a tavola, a cena o a pranzo, secondo quella tradizione avviata a suo tempo con tanta fortuna da Luchino Visconti nei suoi film della maturità. Il disegno dei gemelli, dissimili fisicamente - nessuna somiglianza somatica- tende a differenziarli anche nei caratteri, sempre esasperato ed esasperante uno, ripiegato quasi solo in sé stesso l'altro. E così il disegno della madre, affidato a un tormentato itinerario di frustrazioni, ma anche di rivolte. Rappresentati con un sicuro equilibrio narrativo e molte suggestioni nelle immagini, costruite spesso, da un punto di vista tecnico, con dei "piani sequenza" insolitamente fissi in cui i personaggi debbono solo emergere e cui, al contrario, debbono solo sottrarsi. Danno loro volto, nelle vesti della madre, una Isabelle Huppert, una volta tanto per nulla trasgressiva, e due veri fratelli, Jérémie e Yannick Rénier, già visto, il primo, ne "La promesse" e ne "L'enfant" dei Dardenne.