Cento anni fa nasceva Nicolò Carosio
Proprio durante un soggiorno dai nonni materni nel '31 ascoltò alla Bbc i commenti di Herbert Chapman, mister dell'Arsenal e ne rimase folgorato. Da quel giorno si mise in testa di raccontare le partite e iniziò a farlo per gioco ai bordi dei campi di periferia, con un finto microfono in mano. Un esercizio che lo affinò nei termini e nei toni della voce al punto di renderlo perfetto quando, nel 1932, si presentò ad un provino all'Eiar in cui raccontò a braccio le azioni ed i gol di un fantasioso Juve-Bologna. Fu preso subito come collaboratore ed esordì davanti al microfono una settimana dopo proprio con la cronaca della vera partita. Il Capodanno del '33, poi, diventò la voce degli Azzurri in Italia-Germania 3-1, iniziata col celebre «È Nicolò Carosio che vi parla», che diventò il suo segno distintivo. Dell'Eiar fu sempre un collaboratore (era consulente legale della Shell) e in tempi in cui la Tv non esisteva e il Regime fascista vietava l'uso delle parole straniere le sue cronache divennero fondamentali per i tifosi italiani, per i quali italianizzò hands, corner, penalty e goal in mani, angolo, rigore e rete. Per non parlare del celebre «quasi-gol». Poiché sulle maglie dei calciatori non c'erano i numeri (introdotti solo nel 1939) Carosio andava sempre negli alberghi delle squadre per vedere da vicino i visi degli atleti e poterli così memorizzare. Scampato alla tragedia di Superga grazie alla prima Comunione del figlio («Al mio posto andò Tosatti e ho sempre avuto il rimorso del bravo Renato morto al posto mio» raccontava) lasciò le telecronache dopo che in Italia-Israele di Messico '70 un guardalinee etiope annullò un gol di Riva. «Ma cosa vuole questo negrone?» disse in diretta e l'epiteto non piacque alle alte sfere della Rai, che spensero la sua voce. Il 27-9-1984, a Milano, si spense anche la sua vita.