Visto dal critico

UNO su due, secondo certe statistiche recenti, sono i pazienti che arrivano a superare quelle che fino a ieri si definivano malattie incurabili. Questo lo spunto servito a Eugenio Cappuccio - dopo essersi fatto conoscere con "Il caricatore", film a più mani, e poi, da solo, con "La vita è una sola" e "Volevo solo dormirle addosso" - per dirci di Lorenzo, giovane avvocato senza scrupoli, che un brutto giorno, nel pieno di un'attività spesso vertiginosa, cade a terra svenuto e, subito ricoverato, viene sottoposto ad accertamenti che potrebbero risultargli fatali. La sua vita cambia quando è dimesso dall'ospedale in attesa del responso, guarda presto attorno a sé in modo del tutto diverso. Segue a fatica i suoi impegni di lavoro, che si è forzato un po' a riprendere, e comincia, lui che non lo ha mai fatto, ad occuparsi con minore egoismo degli altri: una fidanzata cui non era comunque molto legato, una sorella che vedeva solo di rado, un socio cui aveva sempre voluto imporre i suoi metodi, negli affari, ai limiti spesso dell'illecito, ma, soprattutto, un anziano ex camionista, Giovanni, ricoverato vicino a lui quand'era in ospedale che, sentendosi morire, soffriva per le incomprensioni, ricambiate, con cui aveva sempre guardato a una sua figlia molto giovane, rimasta con la madre dopo, un lontano divorzio. Lorenzo farà appena in tempo, in modo abbastanza spericolato, a riconciliare la ragazza con il padre, poi tornerà alle sue attese angosciose di notizie circa il suo malanno... Cappuccio, questa storia, se l'è scritta anche con Massimo Gaudioso, con cui aveva co-diretto "Il caricatore", e ha poi cercato, rappresentandola in una Genova abbastanza insolita, di mettere soprattutto l'accento sui cambiamenti psicologici e di atteggiamenti del protagonista posto inopinatamente di fronte a quel bivio. In parte c'è riuscito, in parte è sembrato un po' disperdersi attorno a una anedottica poco varia e un po' semplicista, pur sostenuto da interpreti tutti (o quasi) di sicure qualità. Lorenzo è Fabio Volo che, dopo le felici prove con Alessandro D'Alatri in "Casomai" e ne "La Febbre", ha dimostrato di saper felicemente imporsi sul grande schermo così come, con altrettanti impegni, gli riesce in TV e in letteratura. Al suo fianco, nei panni di Giovanni, c'è un Ninetto Davoli maturato, canuto, sempre sincero. Cui bene si accompagnano Anita Caprioli, la fidanzata, e Giuseppe Battiston, il sogno. Un film, perciò, che si può vedere, a patto di non essere ipocondriaci e di non chiedersi troppo le ragioni, indubbiamente curiose, che da qualche tempo inducono il cinema italiano ad ambientare tante sue storie in ospedale.