Esce in sala «The death of president» di Gabriel Range
Se l'italiano Berardo Carboni ha diretto "Shooting Silvio" (storia surreale di un artista incompreso che rapisce e uccide il leader di Forza Italia), il regista inglese Gabriel Range ha pensato bene di far morire sul grande schermo il presidente Bush. Il 19 ottobre 2007 a Chicago: questa la data e il luogo dell'assassinio del presidente degli Stati Uniti George W. Bush in "Death of a President" (Morte di un presidente). Il film, costato 2 milioni di sterline e dal 16 marzo nelle sale distribuito da Lucky Red, è un "mockumentary", ovvero una pellicola di finzione girata come fosse un documentario. Premiato dalla critica al festival di Toronto, il film ripercorre, attraverso interviste a immaginari protagonisti dei fatti, le fasi dell'attentato a Bush, le indagini sul delitto e il cambiamento (in peggio) dello scenario politico. La miscela esplosiva è a base di materiale d'archivio reale (circa 10 minuti), scene di fiction e finte immagini di repertorio, girate nei più diversi formati, dall'alta definizione alle riprese con il telefonino. Nella storia immaginata da Range, Bush in visita a Chicago, dopo essere stato contestato da gruppi di manifestanti contro la guerra in Iraq, viene colpito a morte da un cecchino davanti all'hotel dove ha appena tenuto un discorso. L'Fbi, i media e l'opinione pubblica, identificano come colpevole un giovane siriano, che viene condannato in un processo istruito senza prove sostanziali e finisce nel braccio della morte. Ma il vero colpevole è un altro. Range, già collaudato nel genere cinematografico del "mockumentary" con "The Day Britain Stopped" (dove s'immagina un disastroso collasso del sistema di trasporti britannico) e con "The Man who broke Britain" (surreale attentato finanziario alla City), ha affermato di non avere niente di personale contro Bush. «Io attacco le sue scelte, le decisioni prese dalla sua amministrazione dopo l'11 settembre - ha precisato il regista - che hanno portato alla guerra in Iraq e a una legge che ha diminuito la libertà personale, come il "Patriot Act". La parte più difficile è stata far sembrare reali le scene di fiction, rendere in pieno l'illusione della verità. Hillary Clinton ha attaccato il film senza vederlo, basandosi su quello che ha scritto la stampa. Appena è uscito, molti dei commentatori più critici hanno cambiato opinione. E, nonostante le polemiche, non sono mai incorso in problemi con le autorità americane: ma sapevo che per il film l'America sarebbe stata il mercato più difficile, perchè hanno una visione quasi sacrale dell'istituzione della presidenza. Il film non istiga alla violenza: mostro solo come con Cheney, nuovo presidente dopo Bush, le cose peggiorino». La pellicola è già uscita in una novantina di sale americane, ma due delle maggiori catene di cinema statunitensi hanno deciso di non proiettarla e reti televisive come la CNN si sono rifiutate di trasmetterne i trailer. Il film è stato accusato di «fomentare la violenza contro il Presidente» sia da politici repubblicani sia da democratici, come Hillary Clinton che lo definisce «oltraggioso e vergognoso». Range non sa se George W. abbia visto il film, «ma - aggiunge - io al suo posto sarei curioso. Una cosa è certa: il 19 ottobre 2007 sicuramente si terrà lontano da Chicago». d.disa©iltempo.it