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Vola la dolce pazzia di Cristicchi

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"Ti regalerò una rosa" si è guadagnata anche il Premio della critica; secondo l'Al Bano mistico di "Nel Perdono", terzo il belcantista Piero Mazzocchetti di "Schiavo d'amore". Attracca solo al quarto posto "La Paranza" di Daniele Silvestri. A seguire8: Mango, Meneguzzi, Tosca, i Facchinetti, solo noni i pre-favoriti Zero Assoluto, incresciosamente decima Antonella Ruggiero. Giusto così. Cristicchi ieri, venerdì Moro. I centri di igiene mentale, l'antimafia. Possiamo dirlo: il mondo si è rivoltato. Per più di mezzo secolo avevamo vissuto con l'unica sicurezza di un Festival disimpegnato, futile, querulo. Papaveri e papere, ipocrite felicità coniugali, rari lampi di consapevolezza tra mille canzonette. Troppo a lungo ci siamo allegramente presi per i fondelli, cercando di convincerci che Sanremo fosse «lo specchio del Paese», la cartina di tornasole di una vaga demenza condivisa, la messa a terra di una popolazione resa elettrica da troppi impicci sociali, politici, individuali. Abbiamo sbattuto in fondo alla fila - per decenni - quelli che ci sembravano dei sobillatori, mitomani, cialtroni, etilisti, sovversivi, falliti. In Riviera erano stati bocciati Zucchero e Vasco mentre Tenco, un anno prima dei rivolgimenti del '68, apriva un buco sulla tempia della coscienza nazionale: l'eco di quello sparo non si è più smorzata. Fino a ieri. Cristicchi ha reso giustizia a tutti, non solo agli uomini chiusi in luoghi dove la "civiltà" non potesse vederli. La dedica è al matto Antonio, protagonista della canzone, «e a chi lavora con impegno per aiutare quelle persone». La nuova era. Grazie a Pippone XII, quella che era stata dissimulata come una più o meno riuscita rassegna di musica leggera si è così trasformata di colpo in un pamphlet - dolente o più spesso ridanciano - sullo stato dell'Italia. Una foto del Paese reale che neppure l'Istat. Tutto ciò che fino all'altra settimana sembrava eccentrico, marginale, incompatibile con la levità richiesta alla maratona sanremese, è diventato di colpo imprescindibile. Poetici dossier sul disagio mentale, allegrissime rumbe tropicali dove finivano note di cronaca nera, abissi di rassegnazione folk sulla disoccupazione tardiva, inni contro la guerra, rap antimafia, appelli per salvare i bambini. Nella "prima pagina" del Festival trovavi ora le notizie che scottano, che addolorano, che ustionano la pelle e l'anima. Ma qui, rimbalzando sul pentagramma, diventavano di volta in volta consolatorie, elegiache, salvifiche, illuminanti. D'un tratto Sanremo usciva dal suo millenario letargo e accendeva il riflettore sui guasti e le dolenzie, sulle ferite mai cicatrizzate di tutto un popolo. Affrontando il Terzo Millennio fregandosene della morte della discografia: il compito è commentare il genio del luogo e lo spirito dei tempi. Allegria. Dietro le quinte pare il Geriatrico: Bongiorno abbraccia Dorelli, più oltre c'è Baudone. 220 anni in tutto: quando Mike e Pippo attaccano "La coppia più bella del mondo", fanno tenerezza ma non armonia. Vuoi mettere con la suprema classicità del crooner Johnny? Linea verde. Comunque, non è tutt'oro quel che riluce. Sono salsicciotti. E patate svizzere, e altre leccornie d'oltralpe che l'arzillo Bongiorno dona alla soubrette elvetica. Lei ribatte: «Con i wurstel in mano non sono troppo elegante». Poi rivolta a Pippo: «Più siciliano di te c'è solo il cannolo». Un passo ancora e si finiva nel tombino del tric-trac. Ma l'ospite Mike, anche lui con dodici conduzioni sulle spalle, cambiava gag: Del Noce, naturalmente. «Caro Pippo, ti incorono Re di Sanremo, ma devi essere grato al direttore di Raiuno, che ti ha fornito uomini e mezzi». Equanime ma impietoso. Il valletto Flavio. Pippo simula un colpo di tosse: arriva servizievole Insinna con l'acqua. Per tutta la giornata il fantasista di "Affari tuoi" si è calato nel ruolo del semplice apprendista presentatore: negando ogni autocandidatura per il 2008. Giura che lui qui è disposto anche

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