Visto dal critico
STÉPHANE è un giovane messicano, figlio di un francese, che viene a Parigi per lavorare in una ditta che produce calendari illustrati. Presto però si accorge che la sua creatività non è tenuta in nessuna considerazione dato che i suoi compiti sono del tutto marginali, e pratici. Se ne consola perché quando dorme sogna sogni fantasiosi in cui vince sempre e usa spesso confondere da sveglio i suoi sogni con la realtà. Ha comunque, nella realtà, un incontro che lo fa palpitare, quello con Stéphanie, sua vicina di casa. Dopo alcune esitazioni se ne innamora e sarebbe anche ricambiato se se ne accorgesse. Timido com'è, invece, e quasi sempre frustrato, pur sognandosi felice e corrisposto, tarda fino all'ultimo a realizzare la verità. Anche quella, però, mescolata a una immaginazione pittoresca fino alla favola. Si è ingegnato ad esporci questa favola un regista francese, attivo anche negli Stati Uniti, Michel Gondry, con una carriera alle spalle in equilibrio fra le fantasmagorie del videoclip (un ambito che gli ha ottenuto premi a bizzeffe) e le invenzioni, non di rado molto colorate, di un cinema di lungometraggio affidato spesso a vicende se non proprio stravaganti certamente curiose. Come nel suo film di esordio, «Human Nature», protagonista Tim Robbins, su un uomo che viveva nudo tra le selve in uno stato selvaggio, o nel secondo, «Se mi lasci ti cancello», con Jim Carrey - Oscar per una sceneggiatura scritta con Charlie Kaufman, l'autore di «Essere John Malkovich» - con un personaggio al centro che voleva farsi cancellare la memoria. Nel film di oggi che, a differenza degli altri due, americani, è di produzione francese ed ambientato a Parigi, Gondry si è sbizzarrito, giocando con i sogni del protagonista, non solo a dare spazi molto ampi all'animazione ma lasciando che in mezzo, fabbricati da Stéphanie, ottenessero i primi piani degli oggetti che, pur simili a giocattoli, ha poi trasformato in sculture da esposizione (visibili, proprio in questi giorni, anche a Milano). Il risultato, anche se qua e là può un po' sconcertare sul piano strettamente narrativo, si impone con successo dal punto di vista di immagini in cui l'estro creativo addirittura dilaga, in cifre che sembrerebbero tendere, con vitalità, al surreale. In mezzo, tra sonno, sogni e veglia, si muove con spirito Gael Garcìa Bernal, consacrato divo sia dal cinema messicano sia da quello spagnolo. Di fronte a lui, Charlotte Gainsbourg. Stranamente meno bella del solito.