Il carattere si forma già prima della nascita Tra luci e suoni il feto impara subito a scegliere
La dà - la darà a Roma, domani pomeriggio, nel suo intervento all'Auditorium nell'ambito del Festival della Scienza dedicato quest'anno alle Età della vita - un pediatra dai capelli bianchi, che da quarant'anni studia il comportamento dei neonati. A Berry Brazelton, statunitense, nato nel 1918, si deve il più grande passo che la neonatologia e la psichiatria infantile hanno fatto nel ventesimo secolo: considerare il neonato come una persona a tutto tondo, un essere autonomo, con una gamma infinita di abilità. Un'ovvietà, oggi, ma un'ottica rivoluzionaria negli anni Sessanta, quando il pargoletto era confinato nel cono d'ombra di mamma e papà, era proiezione dei genitori. E, di conseguenza, tutto ciò che faceva, o non faceva, era merito e colpa dei grandi. E invece no, egli fin dal primo giorno di vita è pienamente individuo, capace di scelte. Come dimostra un altro topos della pediatria, la Scala per la Valutazione del Comportamento Neonatale inventata appunto da Brazelton e che è in uso ormai da vent'anni. «Un neonato è capace soprattutto di interagire con i genitori, sta a noi capire come», dice con un sorriso sornione il professor Brazelton a Il Tempo. Sta qui, appunto, il fascino delle sue teorie. Saper indicare il nocciolo della famiglia, la vera «cellula staminale» del primo gradino della società. Famiglia - madre, padre, figlio - sta dentro gli scambi di sguardi, dentro al tocco delle mani, dentro ai suoni che escono dalle labbra. Dentro un sistema di comunicazione unico, che è solo di quella specifica famiglia. Insomma, un groviglio di significanti e significati, di segni e di contenuti. Professor Brazelton, insomma che cos'è la primissima infanzia, per i bambini e per i genitori? «Un tempo magico. Il periodo per innamorarsi, per diventare genitori, famiglia appunto, per lasciarsi affascinare da un odore, dal tocco di una pelle vellutata, dai giochi, da occhi bellissimi che dicono: "Io ti conosco e ho bisogno di te". Dalla meraviglia di guardare un bambino che si succhia il pollice per acquetarsi e addormentarsi». Lei ha elaborato un'altra teoria fondamentale in pediatria, i Touchpoints, i punti di contatto. Che tipo di scintilla è? «Questa magia, questo sistema di comunicazioni segna i momenti cruciali di sviluppo del bambino, ma serve anche e soprattutto a dare carica ai genitori, a convincerli che essi possono supportare il processo di auto-confidenza e di apprendimento del bambino, due elementi fondamentali. Insomma, è uno strumento per capire se stessi attraverso i propri bambini. E di interagire con l'entusiasmo che ogni bambino prova man mano che sviluppa il suo percorso di crescita. È così che un padre e una madre cominciano a percepirsi come genitori». Autostima del bambino e autostima dei genitori, dunque? «Ogni passo verso lo sviluppo diventa un miracolo. Un padre, una madre si chiedono: "Come impara a far questo? È davvero grazie a me? Non sono mai stato così necessario. Sono un genitore. Il bambino è la mia Bibbia, mi dice che cosa fare. Il suo temperamento, la sua personalità, la sua abilità di svegliarsi, di protestare, di calmarsi succhiandosi il dito, la sua bellezza quando dorme". È un portento». Come si afferma la personalità di un neonato? «Il feto nell'utero sente e risponde ai suoni esterni. Se sono troppo forti, sgradevoli, smetterà di interagire. È invece pronto a "dialogare" con i suoni soft. La stessa cosa avviene con gli stimoli visivi. Volterà le spalle a una luce troppo forte e si girerà verso una luce carezzevole. Da queste risposte la donna incinta si comincia a formare l'immagine del proprio bambino». E quanto il piccolo nasce? «Comincerà a rispondere alla faccia della mamma, alla sua voce, al suo tocco, alla sua ninnananna, al modo con il quale lo culla. I padri perderanno la testa per le risposte che il bambino dà alla loro voce, a come lo tengono in braccio. Il piccino corrisponde a tutte le loro fantasticherie. Madre, padre e figlio si intricano tra loro. Il piccino a q