E Roma fu messa a ferro e fuoco
aggiugnendovi la barbarie tedesca infiniti vilipendi. E quello che avanzò alla preda de' soldati tolseno poi i villani de' Colonnesi, che venneno dentro. Pure il cardinale Colonna salvò molte donne fuggite in casa sua. Ed era fama che, tra denari, oro, argento e gioie, fusse asceso il sacco a piú di uno milione di ducati, ma che di taglie avessino cavata ancora quantità molto maggiore». È la cronaca del Sacco di Roma raccontata da Francesco Guicciardini nella Storia d'Italia. Nell'annus terribilis 1527 la capitale venne messa a ferro e fuoco dall'esercito imperiale inviato da Carlo V per punire il papa Clemente VII che lo aveva tradito alleandosi con la Francia. Del Sacco di Roma questa mattina, ore 11, all'Auditorium del Parco della Musica di Roma, parlerà il prof. Antonio Pinelli, docente di Storia dell'Arte Moderna all'Università di Firenze nell'ambito delle «Lezioni di Storia - I giorni di Roma» organizzate da Laterza editore. Il professore analizzerà le fasi che hanno preceduto il tragico evento, ripercorrerà le testimonianze dirette, i segni del passaggio dei nuovi barbari, i famigerati lanzichenecchi, truppe di soldati mercenari tedeschi affamate e accecate dall'odio per il papa Anticristo. Ma fu davvero così cruento il sacco di Roma? «C'è una corrente storica che considera il Sacco un trauma violento, un'esperienza terribile e scioccante per la città. Sappiamo con certezza che nel 1527 gli abitanti di Roma erano all'incirca 55 mila. Il papa Clemente VII l'anno prima aveva fatto fare un censimento perche voleva incrementare i tributi. Sembra pure che durante il saccheggio e la successiva occupazione ci siano state molte perdite umane. Va ricordato, però, che proprio a ridosso del Sacco, le truppe imperiali entrarono a Roma il 6 maggio, nella Capitale scoppiò un'epidemia di peste che decimò la popolazione. Infatti durante l'estate l'esercito per sfuggire ai miasmi mortiferi si accampò nelle montagne marchigiane. Comunque tra Sacco e peste, in ultimo. si contarono 20, 25 mila morti. Alla fine del secolo gli abitanti di Roma, comunque, erano circa 100.000». Perchè l'occupazione delle truppe imperiali si protrasse per quasi un anno? «All'alba del 6 maggio mentre le truppe imperiali penetravano nella città saccheggiando case e chiese, violentando donne (molte suore si gettarono nel Tevere per non subire l'oltraggio) uccidendo brutalmente chiunque si opponesse al loro passaggio, Papa Clemente VII seguito da curiali, servitori, cardinali (ad eccezione di quelli filoimperiali) scappava da San Pietro attraverso il Passetto di Borgo e s'asserragliava a Castel Sant'Angelo. A quel tempo anche la pace si poteva anche trattare. Ma le richieste degli occupanti erano troppo onerose. La consegna di Castel Sant'Angelo, Ostia, Civitavecchia, Modena, Parma, Piacenza e un fiume di soldi da distribuire all'esercito imperiale. Il Papa non ci stava, sperava in una rimonta dei sui, nell'aiuto dei francesi ecc. Poi la situazione, per lui, s'aggravò. I soccorsi non arrivavano, a Firenze furono cacciati i Medici e fu proclamata la Repubblica, la città in preda all'anarchia precipitò nella disperazione a causa della pestilenza che decimò anche le fila dell'esercito occupante. E dovette capitolare firmando la resa il 7 giugno. Ma la situazione si sbloccò solo nel febbraio dell'anno seguente. Il Sacco fu una lezione per Clemente VII e i suoi successori». Che cosa aveva fatto scatenare l'ira di Carlo V? «Clemente VII era stato eletto per volere di Carlo V. Subito dopo l'elezione, però, il papa lo aveva tradito alleandosi coi francesi nella Lega di Cognac. In verità Carlo V, nel cuore del suo impero, aveva il problema della Riforma che, secondo lui, doveva essere affrontato con un Concilio. Ma il Papa da quell'orecchio non ci sentiva: un Concilio avrebbe limitato il suo potere. Intanto cresceva l'odio per la Roma papalina, considerata licenziosa, lasciva, spensierata, corrotta, int