L'intervento
Quel film maltrattato perché cattolico
Se questa affermazione sembrasse troppo reazionaria mi scuserò ricordando che di opinione non dissimile è stata una icona del pensiero liberale come Karl Popper. Se giornali usualmente inclini a giustificare in nome della libertà dell'arte ogni tipo di pornografia e di violenza, questa volta svolgono la parte dei moralizzatori è lecito dubitare che ci sia sotto qualcosa di più. Se si va a vedere il film si scopre facilmente questo qualcosa. Nella rappresentazione della industria cinematografica è usuale la visione del cristianesimo come civilizzazione oppressiva e violenta. Domina il mito del «buon selvaggio» che coincide con una certa negazione del peccato originale. Lungi dal liberare l'uomo dal peccato il cristianesimo sembra essere piuttosto il fattore che introduce nel mondo la violenza e la morte. Questo film sconvolgente e straordinariamente ben documentato dal punto di vista storico (pur se con qualche tollerabile licenza) capovolge questo canone interpretativo della storia. La civiltà precristiana dei Maya (ma gli altri popoli vicini erano, se possibile, ancora più feroci) si fonda sulla mistica del sangue e del sacrificio. L'atto di stringere nel pugno il cuore della vittima sacrificata per offrirlo al dio è il segno di una comunione mistica, profonda, con la sorgente della vita. Rendendole quella vita si impetra che possa continuare la propria e quella del proprio popolo. È stato Renè Girard a riportare in luce la mistica del sacrificio che sta dietro non solo la cultura Maya ma a molte o tutte le culture precristiane. È su questo sfondo che si comprende anche il tema del sacrificio redentore di Cristo che offre se stesso perché nessuno più abbia a soffrire come vittima e per insegnare il vero cammino alla comunione con Dio. Il sacrificio di Cristo, poi, è connesso strettamente con quello di Abramo e ne approfondisce il significato: Dio rifiuta il sacrificio della vita di Isacco perché non gioisce della morte dell'uomo. La sua gloria, piuttosto, è che l'uomo viva (S. Ireneo di Lione). In questa prospettiva si comprende anche l'arrivo simbolico (e ovviamente antistorico) delle tre caravelle con la croce che segna la fine del film. Si annuncia un tempo nuovo in cui l'uomo sarà liberato dalla paura ossessiva della morte e dalla necessità cosmica del sacrificio. Corrisponde alla ricerca storica questa immagine che Gibson ci comunica? Fondamentalmente sì. Non solo la cultura azteca ma anche la cultura maya e le altre culture precolombiane furono straordinariamente violente. Il sacrificio umano ed il cannibalismo rituale ne costituivano il fondamento spirituale. La storiografia progressista ha tentato a lungo di minimizzare la violenza precolombiana come se essa fosse una invenzione dei conquistadores per legittimare i propri crimini. La moderna ricerca archeologica non permette però nessun dubbio. Se mai si è esagerato nel parlare di sterminio degli indios, visto che essi, nella America Latina, sono sopravvissuti e costituiscono, insieme con i mestizos, la maggioranza della popolazione. Di vero e proprio sterminio, se mai, si può parlare nell'America del Nord. Questo, sia chiaro, non legittima affatto la crudeltà e la violenza dei conquistadores, ma serve a ripristinare un minimo di senso delle proporzioni e di verità storica. Dire che il mondo precristiano è un mondo violento, per certi aspetti demoniaco, significa dire che è un mondo privo di valori, abitato da semiuomini? No. Gli stessi esseri umani che erano capaci di sgozzare con manifesto piacere i loro nemici o di mangiare le carni dei sacrificati potevano anche essere mariti e padri teneri e premurosi, amici fedeli