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L'autore di «Azzurro» compie 70 anni

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Auguri a Paolo Conte, musicista dell'eleganza

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Ma soprattutto auguri alla musica che continuerà a regalarci, alla raffinatezza delle note, alla «pazzia» delle melodie, all'eleganza sussurrata dei testi, alla poesia delle canzoni. Auguri alla discrezione della sua persona, così lontana dai volgari canoni che affollano di rumore i palcoscenici degli stadi, dei teatri... ai suoi abiti scuri che si fondono con la coda nera del pianoforte, ai suoi timidi baffi grigi, che nascondono parole e fanno vibrare suoni. Auguri, insomma, a quel Conte che sul palco sembra sfuggire il successo, che abbassa la testa quando l'applauso è troppo fragoroso, che alla fine di un concerto, quando è l'ora del bis, si punta un dito in gola e senza fiatare dice: «Mi dispiace, ma la voce...». Va bene così, basta e avanza, il pieno di emozioni è stato fatto. Conte continuerà a dare lezioni agli artisti scalmanati della canzone, a chi è convinto che oggi l'unico modo per far colpo sia apparire. A loro insegnerà ancora che il punto non è mostrare, ma lasciar immaginare. Ma il mondo è bello perché è vario, così si dice, ed è pieno di mezze cartucce. Di Paolo Conte, invece, ce n'è uno solo. Auguri al suo attuale lavoro, quello con gli Avion Travel, pare stia «venendo su bene». L'ultimo disco è stato «Elegia», saporita spremuta di anni e anni di Conte, dalle scanzonate «Sandwich man» e «La vecchia giacca nuova» alla malinconica «Bamboolah», dalle immagini di «India» e «Frisco» a un classico che più classico non si può come la «Nostalgia del Mocambo», triste ricordo di un magico locale della sua fantasia, il «Mocambo», di un tempo che fu e che forse andrà perduto per sempre. Speriamo di no! Speriamo in una prossima riapertura di quella fumosa sala da ballo, di trovarci ancora Conte, seduto pazientemente al bar aspettando che si riempia di clienti, o di trovarci noi, emozionati, a fregarci le mani in attesa che una tenue luce si accenda sulle sue rughe e un'altra sulle sue dita danzanti.

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