A dieci anni dalla scomparsa

È stata una «dichiarazione d'amore», piuttosto che una commemorazione, quella parigina, quando durante l' ultima proiezione la direttrice del "Le Latina", Silvia Balea, ha presentato l'evento, di fronte a diverse personalità del mondo del cinema, compagni di lavoro, amici e conoscenti, come l'attrice Andrea Ferreol, che con Mastroianni aveva girato "La grand bouffè" (1973) di Marco Ferreri e "La nuit de Varenne" (1982) di Ettore Scola, il direttore artistico del festival del cinema italiano di Annecy, Jean Gili, e lo studioso e storico del cinema, Jacque Parsi. «Non si può parlare di Marcello senza una certa emozione, lui che adorava la vita e non amerebbe essere commemorato», ha detto Gili, che lo ha ricordato «mentre accompagnava la figlia Chiara all'aeroporto e gironzolava così, normalmente, senza scorta, senza essere disturbato dai paparazzi» proprio «per la modestia che lo ha sempre caratterizzato». «La cosa che più mi ha affascinato di lui era la sua semplicità, il suo modo diretto, dolce, umano, tenero, delicato», ha detto Andrea Ferreol che ha ricordato con commozione una scena de "La grand bouffe" in cui Marcello avrebbe dovuto accarezzarle le cosce ma lei, che al tempo era una debuttante, gli aveva detto che non sapeva se sarebbe riuscita a girare con nonchalance quella scena e lui le aveva risposto che non lo avrebbe nemmeno sentito perchè avrebbe solo finto di sfiorarla, anche se poi nel film sarebbe apparso il contrario. Ferreol lo ricorda come una «persona tranquilla», che «adorava il suo mestiere, adorava essere attore» e a cui era legata da un forte «senso di amicizia». Da lui ha appreso la pazienza. «Marcello non riguardava mai i suoi film, solo una volta gli è capitato di vederne uno che passava in televisione, nella camera di un hotel di Londra. E si è commosso», ha detto Jacque Parsi. «Grazie Marcello di essere esistito», ha concluso la direttrice de "Le Latina". Il documentario di Annarosa Morri e Mario Canale, fa emergere una figura nuova di Marcello Mastroianni, quella di padre amorevole e appensivo delle sue due figlie, Barbara e Chiara. Viene così smentito, almeno nella figura del leggendario Marcello Mastroianni, quel "dongiovannismo" legato all'egoismo e al narcisimo che spesso intrappola, in una sorta di gabbia psicologica, la personalità di molti latin lover, di oggi e di ieri.