Scoop ed interviste nelle zone più a rischio Era il re dei giornalisti
Qualcuno obietterà: abuso di esercizio professionale, perché il Nostro era iscritto all'Ordine degli Speziali, non a quello dei giornalisti. Eppure eccolo lì, in trasferta per poco meno di una settimana: un giorno e una notte all'Inferno, altre 24 ore in transito verso il Purgatorio, il tempo restante impiegato per scalare la montagna dei penitenti, tranne un pomeriggio nel Paradiso terrestre e quel che avanza, ma senza guardare troppo l'orologio, a perdersi nel deliquio Celeste. E senza computer né registratore, fidandosi solo della sua memoria (che cede, comprensibilmente, solo quando fissa direttamente la luce divina) Dante consegna ai lettori un reportage degno di mille premi Pulitzer. È l'unico "tuttologo" degno di fede: mai cialtrone nelle sue interviste esclusive, sapiente conduttore dei talk show oltretombali, chiarissimo divulgatore di scienze e di materie umanistiche, finissimo editorialista politico e di costume. E ancora, appassionante inviato di guerra (a Campaldino era in prima linea come Walter Cronkite in Vietnam, mica in albergo come la Gruber a Baghdad) perfetto organizzatore di palinsesti ultraterreni, brillante presentatore di quiz a 360 gradi. Per non dire dei suoi ritratti, delle ambientazioni, dei ritmi: Caronte, con quella chioma scaruffata e il remo a mezz'aria per battere i dannati sulla riviera d'Acheronte, è un plausibile eroe dell'hard rock. La posa è la stessa di Pete Townshend o Jimi Hendrix quando sfasciano la chitarra contro l'amplificatore. Pier Delle Vigne pare un'opera provocatoria di Cattelan, Filippo Argenti che sguazza nella melma degli iracondi è buono per una nomination all'"Isola dei famosi". Mentre il naufragio del temerario Ulisse viene praticamente ricalcato, (un plagio quasi letterale) secoli più tardi, nell'ultima pagina del "Moby Dick" melvilliano. Nell'ascesa paradisiaca, con i cieli occupati dai pianeti (il primo è la Luna, ma all'epoca andava così), da scintille, cerchi in moto vorticoso e colori abbacinanti, non puoi non leggerci un'avventura psichedelica, una Woodstock del Trecento, parole di Dante e musica dei Pink Floyd. Insomma, prendete la "top 100" degli intrattenitori e degli uomini di lettere - da Montanelli a Scalfari a Bongiorno a Piero Angela a (che il Poeta ci perdoni) Gerry Scotti - e lui è sempre infiniti gradini più su. Non meraviglia allora, che la sua attualità non trascolori mai mentre, bizzarramente, ancora ci si accapiglia sulla questione dell'italiano come lingua nazionale, in un Parlamento dove in pochi (ah, le "Iene"..) avranno letto una sola riga del "De Vulgari Eloquentia"). Intanto un cofanetto con la storica lettura integrale della "Commedia" (Warner, 29 euro) per le voci ammalianti di Albertazzi, Foà, Antonio Crast, Achille Millo, Carlo D'Angelo, Romolo Valli, entra nella classifica delle compilation, in diretta competizione con i box antologici dei cantautori. E ancora, quel "comunistaccio" di Benigni, perennemente commosso dall'invocazione di San Bernardo alla Vergine nel climax dell'opera dantesca, preme sul Vaticano (che ufficialmente nicchia) per recitarlo davanti al Papa, come ha già fatto in tv e nelle piazze stracolme di tutta Italia. Dante, insidiato dal polverume scolastico, e dalla tromboneria di "magna pars" della nostra cultura, persiste gagliardamente nell'immaginario collettivo del Paese. È davvero il padre di tutti i giornalisti: di notte dovrebbe tirare i piedi a chi, in ogni redazione, orina sulla luce della lingua italiana, e per fretta e sciatteria mortifica un mestiere che resta intrigante, nobile, privilegiato. L'insegnamento di Dante ai cronisti è di non dimenticare mai il dovere di essere testimoni, stradaioli, ficcanaso e coraggiosi. Dice: procuratevi un accredito, un pass, una guida, una fonte. Aspettate sulla scena della notizia e un qualche messo o la sorte vi favorirà, come quando arriva l'angelo davanti alla città di Dite. O co