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Una commedia frizzante come i vini di Francia

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ANCORA Russel Crowe con Ridley Scott. Questa volta, però, non combatte nelle arene sotto l'armatura del gladiatore, ma nella City londinese, nelle vesti di un finanziere pronto a sconfiggere i concorrenti con spericolatissimi colpi in borsa, ai limiti della illegalità. Anche da bambino era così, come vediamo quando, in vacanza nella proprietà in Francia di uno zio, voleva e sapeva vincere a tutti i costi, spesso barando. Un giorno gli arriva la notizia che quello zio è morto senza eredi dichiarati lasciando di conseguenza a lui tutti i suoi beni, un castello, ampi terreni, molte vigne, sotto il caldo sole di Provenza. Lui non esita: li venderà subito perché ha ben altro da fare, l'agricoltura e la proprietà terriera non fanno per lui. Ma le cose andranno diversamente. Sembra, specie al momento di concludere, una storia un po' facile, sulle orme di un romanzetto riscritto per lo schermo da Marc Klein, l'autore di «Serendipity». Ridley Scott, però, dividendola in due momenti precisi, ne ha ricavato uno spettacolo che riesce a tener desta l'azione, con simpatia, dal principio alla fine. Divertendo spesso, con i modi della commedia. Il primo movimento si stringe attorno al protagonista nella City e, subito dopo, al suo spostamento frettoloso e distaccato in Provenza. In cornici nebbiose e metalliche fino ad essere spettrali, si lasciano predominare dei ritmi sempre in corsa in cui le gesta del finanziere nell'impresa di cui è a capo e in borsa sono rappresentate senza mai una sosta, incisive, martellanti, spesso addirittura mozzafiato. E così nelle prime pagine in Provenza quando il protagonista, sempre trascinato dai suoi modi fulminei, si comporta lì esattamente come il cinico squalo che era nella City. Il secondo movimento muta tutto gradualmente: per l'infanzia, lo zio, i giochi, quindi per il fascino di quelle vigne e di quella produzione del vino cui lo zio aveva dedicato la vita e che adesso, nelle cornici affascinanti e dorate del sud della Francia, tutte panorami quasi incantati, provocano nel protagonista, anche a causa di un incontro sentimentale, un capovolgimento totale di atteggiamenti. Che gli darà ragioni nuove di vita. Con sentimento, appunto, ma anche qua e là, con umorismo sottile, mentre, grazie al tocco molto sensibile della regia di Scott, i ricordi di infanzia, sempre indicativi, si inseriscono nell'azione al presente senza mai una frattura. Con equilibri sicuri. La sostiene, non più in cifre drammatiche, Russel Crowe, con un intimismo molto fine. Lo zio, colorito con pacate misure, è Albert Finney, saldo come sempre.

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