Visto dal critico
L'«amico» ritrovato nella comédie di Leconte
con Daniel Auteuil, Dany Boon, Julie Gayel, Francia, 2006. François è antiquario a Parigi, indaffaratissimo, sempre con molta gente attorno, in mezzo però neanche un amico, perché non ne ha il tempo. Una sera, comunque, a cena con dei colleghi, accetta la scommessa di riuscire a esibire, entro dieci giorni, non solo un amico ma quello che si usa definire «il miglior amico». Non se ne pente, ma non tarda a trovarsi in un vero e proprio imbarazzo perché, neanche rivolgendosi a dei vecchi compagni di scuola, trova quello che cerca; invano sostenuto da un simpatico ed espansivo autista di piazza, Brunò, che si è messo al suo servizio nel corso delle sue ricerche. Visto che è così gentile e che ha finito per dargli una mano in tutto perché, pensa François, non farla diventare, almeno per gli altri, l'amico che non riesce a individuare? Il tentativo va a buon fine, ma l'altro gli si è sinceramente affezionato e quando scopre di essere stato solo l'oggetto di una scommessa si ritrae deluso (e anche irritato). Accadranno comunque molte altre cose e i due, alla fine, riusciranno a sperimentare una vera amicizia, disinteressata e generosa. Una scommessa con emozioni sincere. Ce la propone uno degli autori migliori del cinema francese di oggi, Patrice Leconte, dopo i successi di «Confidenze troppo intime», dell'«Uomo del treno», di «Ridicule» e del «Marito della parrucchiera». Il testo lo ha scritto con Jerôme Tonnerre, autore, per Claude Sautet, di «Un cuore in inverno» e già al fianco di Leconte per «Confidenze troppo intime». Il tono, appunto, è quello, almeno in apparenza, della commedia, su temi noti come la scommessa, il conseguente disappunto, la conclusione ottimistica. I modi, però, con cui la regia lo ha risolto tendono programmaticamente a snodi così umani e seri che, in più punti, arrivano a commuovere; con intensità. Sia nel disegno dei due protagonisti, François arido e quasi cinico, senza mai aperture, Brunò sempre estroverso, pronto a voler bene a tutti, anche ai clienti sconosciuti che salgono sul suo taxi, e con il vezzo di accumulare nozioni a non finire per potere un giorno partecipare a un quiz televisivo, sua aspirazione massima. Dando però abili spazi attorno ai diversi ambienti che li accolgono e a figure di secondo piano solo accennate, forse, ma dai tratti coloriti. In cifre in cui il calore, pur tra gli spunti ironici, finisce sempre per prevalere. Per merito anche di due interpreti di vaglia. François, infatti, è addirittura Daniel Auteuil, misurato e fine come al solito, Brunò è Dany Boon, noto soprattutto in teatro, ma con accetti e mimiche di effetto sicuro. Un duetto come spesso, negli anni, ci ha regalato il cinema francese.