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La libertà diventa un incubo anche senza l'intervento del demonio

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2006. NEGLI anni Settanta, in Germania, una ragazza Anneliese Michel, affetta da una malattia mentale, si convinse invece di essere vittima di una possessione demoniaca e, non dissuasa, chiese ed ottennne di essere esorcizzata. Morendone nel giro di poco tempo. Il cinema americano, naturalmente, si impossessò subito della storia e si affrettò a sfornare un film, «The Exorcism of Emily Rose» in cui tutto si risolveva nell'horror. Oggi, con maggiore equilibrio, torna sull'argomento un regista tedesco, Rans-Christian Schmid, abbastanza noto in Germania e, pur mutando a sua volta i veri nomi e i veri luoghi di quel dramma, ne svolge di nuovo gli elementi con un accorgimento, quello di mostrare tutto dalla parte della protagonista, che qui si chiama Michaela Kinger, e di non prendere perciò mai partito direttamente a favore di quel possesso demoniaco di cui solo la ragazza, e i preti che l'assistevano, erano convinti, tra il dubbio, invece, di molti attorno, a cominciare, a un certo momento, dai genitori di lei. Prima, così, ci descrive l'ambiente in cui la ragazza vive: una cittadina della Germania del sud dedita a una fervorosa pratica cattolica e una famiglia, altrettanto praticante, dominata da una madre rigida e dura intenta solo a proibire e ad opprimere, soffocando la ragazza un momento liberata dal suo giogo quando le riesce di andare a studiare all'università di Tubinga. Anche lì, però, a causa della sua malattia, forse anche provocata dal cupo clima familiare, ricomincerà a lasciarsi travolgere dalle sue solite ossessioni finendo appunto per ritenerle opera del demonio. Con i conseguenti esorcismi e quella morte di cui ci informa solo una didascalia finale. La mancata rappresentazione di quella morte e l'imparzialità dimostrata nei confronti di quelle turbe psichiche e dei pretesi interventi demoniaci sono i meriti migliori della regia di Hans-Chrstian Schmid intento soprattutto ad esporre un caso umano, evitanto di prendervi un mezzo una posizione. Con accenti anche forti, quando la protagonista soggiace a delle crisi scopertamente di natura epilettica, ma anche con la possibilità di analizzare con una certa finezza i rapporti fra i personaggi, sia pure, in alcuni momenti, con risvolti narrativi non del tutto plausibili. Riscatta però anche quelli l'interpretazione di una quasi esordiente, Sandra Hüller, che di Michaela, dei suoi turbamenti, delle sue angosce e dei suoi momenti stravolti riesce a darci una rappresentazione precisa ma sempre scarna: evitando le note alte e ogni sospetto di iperrealismo. G. L. R.

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