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Era il genio ribelle degli anni Settanta fu presto emarginato dallo star-system

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Negli anni Settanta fu il portabandiera della generazione di ribelli che rilanciò il cinema americano firmando pellicole come «Mash» ('70) e «Nashville» ('75). All'inizio di quest'anno gli è stato assegnato l'Oscar alla carriera. Per l'occasione rivelò di essere stato sottoposto, undici anni fa, ad un trapianto di cuore. di ANTONIO ANGELI «IO E Hollywood non siamo in guerra uno contro l'altro, solo che loro vendono scarpe mentre io faccio guanti»: con questa battuta bruciante, che rivela un animo generoso ed eternamente adolescente, Robert Altman definì quel suo eterno essere «contro», quel desiderio di infrangere regole e limiti che l'ha reso uno degli uomini di spettacolo più apprezzati del mondo. Ma spesso anche guardato con diffidenza ed emarginato. Di battute brucianti quell'omone sempre gentile ed elegantissimo ne aveva da vendere. Quando prese il suo primo (ed unico) Oscar, pochi mesi fa, a quella Hollywood che spesso gli aveva girato le spalle disse: «Non sono ancora morto». E ancora, a proposito di quella statuetta che ci aveva messo una vita ad arrivare: «È tutta pubblicità gratis». Robert Bernard Altman, ingegnere trentenne con tanto amore per il cinema, esordì alla regia nella metà degli anni Cinquanta con varie pellicole, alcune mai giunte in Italia. Di gavetta ne fece veramente tanta: tra film di finzione e qualche documentario (nel '57 realizzò «La storia di James Dean») si impegnò soprattutto nella nascente e gracchiante televisione Usa. Diresse una gran quantità di telefilm, che gli permisero di stabilire un contatto diretto con i segreti del mestiere e i gusti del pubblico. Sue numerose puntate di «Bonanza», che, anni dopo, ebbe notevole fortuna anche in Italia. Il grande successo di pubblico e di critica arrivò nel '70 con «Mash», surreale e feroce attacco alla guerra del Vietnam, che ottenne la Palma d'oro al Festival di Cannes. E l'intervento americano in Vietnam, come simbolo dell'ingiustizia della guerra, tornerà continuamente nei suoi film, come, ad esempio, in «Streamers», dell'83. Il periodo fecondo iniziato con «Mash» proseguì con «Anche gli uccelli uccidono» (1971), «I compari» (1971), «Gang» (1974) e, il più amato di tutti: «Nashville» (1975), coloratissimo affresco del mondo della country music, vista come antidoto al militarismo e al consumismo sfrenato. Con l'età qualcuno pensò che Altman stava perdendo il suo smalto. Niente di più sbagliato: gli anni '90 l'hanno visto in gran forma: «I protagonisti» (1992), «Pret a Porter» (1994). Dopo la realizzazione di «Radio America», applauditissimo allo scorso Festival di Berlino, stava lavorando a «Hands on a Hard Body» film su una gara di resistenza che si svolge nel Texas.

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