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di FULVIO STINCHELLI HO CONOSCIUTO Michael Gerdts, da due anni ambasciatore di Germania a Roma, non ...

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Primo incontro, secondo l'uso, molto formale: una stretta di mano all'ingresso, un sorrisetto, e via. Devo ammettere che subito dopo, nell'atrio, ad attrarmi furono i quadri appesi alle pareti: paesaggi alla maniera di Van Gogh, pennellati con forza e dovizia di colore. L'addetto stampa, mio accompagnatore, fu sollecito nel comunicarmi che l'ambasciatore Gerdts e gentile consorte prediligevano la pittura di Karl Schmidt-Rottluff (1884-1976), la cui arte era stata profondamente segnata da un lungo soggiorno nella Villa Massimo di Roma intorno agli anni Trenta. Fu grazie alla calda vivacità di quel pittore che incominciai a capire meglio. Era una serata romana ancora dolce e gli invitati si davano bel tempo in giardino tra trionfi di salsicciotti e birra a fiumi, quand'ecco apparire al pèrgamo il capomissione per il fervorino di circostanza. Dopo le consuete amabilità, il capomissione pensò bene di concludere: «Questa cara Italia non finirà mai di stupirmi. In questi giorni, per esempio, mi colpisce che la vostra stampa parli tanto della nostra Grosse Koalition, quando qui da voi governa una coalizione ben più grande ed estesa». E giù una franca risata, prima di annunciare, con sincero entusiasmo, la "sorpresa", costituita dai fuochi d'artificio nel vellutato cielo di Roma. Che si seguì, naso in aria, estasiato, fino alla finale "scappata dei razzi". Fiancheggiato, tutto il tempo che durarono, da un Giuliano Amato, lì per rappresentare l'Italia, anche lui passabilmente interessato. Mi lusingo pertanto di credere che una sorta di iniziale simpatia tra il Doktor Gerdts e il modesto sottoscritto sia nata di lì a poco, quando mi premurai di notificargli che anch'io ero un patito dei "bòtti", per aver frequentato in gioventù il maestro dei maestri, detto "'O Zuoppo", fondatore della Scuola di Prata, provincia di Avellino, caduto sul campo. O meglio, saltato con tutta la sua casa-polveriera per uno di quei malaugurati incidenti che ricorrono spesso a dànno dei cultori di quell'arte mirabile. Di lì a Giorgio Federico Haendel, il sommo artista sassone che per conto del re d'Inghilterra mise in musica i "fuochi", dopo essere stato maestro di cappella nella romanissima casa Ruspoli, il passo fu breve. Anche perché, nell'occasione, si appalesò che l'ambasciatore, pur tifoso dei Rolling Stones, non disdegnava il barocco musicale. I tempi erano a mio giudizio ormai maturi perché il nascente sodalizio venisse corroborato da un incontro più ravvicinato, e consistente, in via delle Bollette, presso la Fontana di Trevi, dove il capomissione germanico ebbe modo di gustare la "carbonara", invenzione della Baronessa, indimenticata consorte del felliniano Moro, convenientemente benedetta dal vinello dell'Ariccia. Ed è grazie a lui, io penso, al bianco beverino e chiacchierino di Franco e Andrea Romagnoli, se alla fine, romanizzatosi al giusto punto, Michael H. Gerdts, da Bochum nella Ruhr, si è indotto ad affrontare, su temi diciamo "più seri", la conversazione che segue. Mi parli in breve del suo "cursus honorum". «Nato nel 1947, ho moglie e due figli. Laurea in scienze economiche e sociali a Colonia e alla Pennsylvania State University. Dal 1980 al Ministero federale degli affari esteri. Membro della delegazione tedesca alla conferenza dell'ONU sul disarmo ('82-'86). Di nuovo al Ministero, dall'88 al '93, come assistente personale e vicecapo di Gabinetto dei ministri Genscher e Kinkel. Per due anni portavoce del Ministero federale, dal '95 al '99 sono stato ambasciatore della Repubblica Federale in Kenia. Rientrato in patria, ancora al Ministero, prima come Direttore Generale degli affari globali delle N.U., diritti dell'uomo e aiuti umanitari (1999-2002), poi come Direttore Generale per la Comunicazione. E da due anni, eccomi qua, ambasciatore in Italia». Come dire, una vita al Ministero. I vecchi diplomatici italiani sostenevano che in missione si fanno i soldi, mentre al

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