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Lo studioso rafforza la tesi della provenienza etrusca dei due fratelli figli di Rea Silvia

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Roma è la dolcezza malinconica, la tenerezza struggente di certe canzoni: quanto sei bella Roma quando è sera, vecchia Roma sotto la luna non canti tu, arrivederci Roma, Roma non far la stupida stasera, grazie Roma... Ma come fai a dimenticarti della Roma monumentale? Non c'è bisogno di dar fiato alle trombe della retorica, per dire che millenni di storia gloriosa ti vengono incontro da tutte le parti, riempiendoti gli occhi. E allora provi a scavare nella memoria scolastica per tirar fuori i tasselli di un mosaico enorme. In principio... In principio, ci sono Romolo e Remo, no? Scrive Cicerone: «Se vogliamo accettare una tradizione antica e saggiamente diffusa dai nostri antenati, che ai benemeriti della patria attribuisce e ingegno e stirpe divina, dobbiamo credere che egli fosse figlio di Marte. Si dice dunque che Romolo, nato da Marte, insieme al fratello Remo sia stato esposto sulle rive del Tevere, per ordine di Amulio, re d'Alba, nel timore che gli potesse turbare la stabilità del regno. Allattato in quel luogo da una belva e raccolto da alcuni pastori, fu da essi rozzamente allevato nel loro modo di vivere e di lavorare. Si racconta poi che egli, cresciuto negli anni, di tanto superasse gli altri per vigoria fisica e per fierezza d'animo, che tutti coloro che abitavano quelle campagne, dove ora sorge la nostra città, concordemente e volentieri accettarono di obbedirgli. Postosi alla loro testa - e dalla leggenda passiamo così alla storia - Romolo sottomise Alba Longa, città a quei tempi forte e potente, e uccise il re Amulio» (Cicerone, «Dello Stato», a cura di Anna Resta Barrile, Mondadori). Le origini di Roma. Già, le fonti. I miti che si intrecciano con la storia. E gli "auctores" che evocano, ricostruiscono, si interrogano: non solo Cicerone (di cui è uscito, proprio in questi giorni, per Mondadori, un interessante profilo tracciato da Robert Harris nel romanzo «Imperium»), ma Fabio Pittore, Ennio, Dionisio di Alicarnasso, Diodoro Siculo, Virgilio, Orazio, Ovidio, Livio, Plinio, Plutarco, Tacito, Macrobio, fino a padri della Chiesa come Gerolamo e Agostino. La materia da esplorare è ricca e intricata: ne propone adesso una opportuna sistemazione Andrea Carandini, docente di Archeologia Classica alla Sapienza, che, nel primo volume dedicato dalla Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori Editore alla "leggenda di Roma" («Dalla nascita dei gemelli alla fondazione della città», 493 pagine, 27 euro), ci conduce per mano come un provvido Virgilio. Le fonti sono annalistiche, antiquarie e poetiche, e il curatore ne propone un'ordinata sequenza, sezione per sezione: dalla successione al trono di Alba Longa segnata dalla usurpazione di Amulio, alla fondazione e inaugurazione del Palatino, segnata dalla violazione delle mura da parte di Remo e dalla sua uccisione. Il lettore ha dunque a disposizione testi, traduzioni e commenti puntuali e approfonditi, nonché tre appendici che scavano dentro temi di indubbia suggestione: l'origine etrusca dei nomi Romolo e Remo (Carlo De Simone), la coppia mitica fratelli/gemelli tra cooperazione e conflitto (Maria Teresa D'Alessio), i Lupercali, festa e rito di purificazione e fecondità, antecedenti alla fondazione di Roma (Paolo Carafa). Molti i percorsi di ricerca proposti da Carandini, a partire da quello vòlto ad illuminare un tratto caratteristico della leggenda di Roma: infatti, essa «non racconta, come avviene generalmente nei miti, il sorgere di un ordine cosmico, ma l'apparire di una realtà sacrale e politica terrena che rientra nell'ordine dei fenomeni "storici", come la fondazione della città (Roma Quadrata ndr) da parte di Romolo, un avvenimento che sembra interporsi tra

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