«Il segreto di Esma»
IL DOPOGUERRA in Bosnia. In quella martoriata Sarajevo che è stata teatro di misfatti atroci commessi dai serbi: dagli stupri di massa, si parla di ventimila donne, alla deportazione di un milione di persone, a centinaia di migliaia di morti, tanto che anche adesso si scoprono delle fosse comuni dove la gente accorre nella speranza di riconoscervi qualche familiare scomparso. Tra i sopravvisuti, una donna la Esma del titolo italiano (l'originale, «Grbavica», si riferiva ad uno dei quartieri della città in cui si erano sopportati gli orrori peggiori). La incontriamo con una figlia grandicella che va a scuola e che comincia a coltivare un primo amore, pur dando prova di un carattere pessimo, specie nei confronti della madre alla quale, spesso, in modo decisamente aggressivo, chiede notizie di un padre che non ha mai conosciuto e di cui sa solo che era caduto in guerra da eroe. Il mistero che lo circonda, però, tende a un certo momento a diradarsi quando la ragazza, in procinto di partire per una gita scolastica, scopre che dovrà pagare una tariffa intera mentre le altre sue compagne, figlie di caduti, non pagheranno niente. Da qui un durissimo scontro con la madre che intanto, per pagarle quella gita, si è messa a lavorare in un locale notturno. Il mistero si chiarirà, ma oltre a sconvolgere la ragazza, ripiomberà la madre in una delle pagine più nere del suo infelice passato... Questo scontro, tutto quello che lo precede e un'ombra di pacificazione alla fine, li ha svolti con mano ferma una esordiente bosniaca, Jasmila Zbanic, già attiva però a vario titolo in campo cinematografico. Le pagine migliori, e più incisive, sono quelle del rapporto madre-figlia, prima tutto increspature, incomprensioni, contrasti, poi, quando arriva al mistero svelato, dopo un'esplosione durissima e una reazione quasi incontrollata, con un riequilibrio dei sentimenti e, proprio al momento di concludere, con una partecipazione quasi tacita, ma molto intensa. Attorno, una episodica un po' facile, con figure troppo marginali, non approda sempre a risultati convincenti, ma a fare la forza del film e la sua vitalità, bastano quei suoi due personaggi centrali, travolti entrambi dagli spettri di un orribile passato. Vi danno volto, nelle vesti della madre, Mirjana Karanovic, con le stesse straordinarie qualità espressive di cui ha già dato prova in molti film di Emir Kusturica, e nelle vesti della figlia una giovanissima esordiente, Luna Mijovic, così salda che, al di fuori del cinema bosniaco, farebbe di certo molta strada.