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Il grande teatro bussa al video

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L'ha denunciato persino il Presidente della Repubblica Napolitano, accogliendo al Quirinale un mese fa una delegazione di teatranti e dichiarando: "La televisione non ha contribuito, come avrebbe potuto e potrebbe, a diffondere nel grande pubblico l'amore e la cultura per il teatro di prosa». E non bastano di certo l'impegno di Pippo Baudo nel promuovere le compagnie nei pomeriggi domenicali né gli ottimi ascolti della trasmissione "Applausi" di Gigi Marzullo né la passione sempre dimostrata da Maurizio Costanzo a risarcire la mancata sinergia tra palcoscenico e piccolo schermo. Eppure la qualità delle fiction si impenna quando appaiono i volti e le voci di attori abituati a misurarsi sul palco così come è continuamente smentito il pregiudizio che i loro passaggi televisivi non siano gratificati da sensibili valori di audience, nonostante gli orari improponibili in cui vengono relegati. Lo sa bene un mattatore di lungo corso come Giorgio Albertazzi che tutti ricordano come protagonista di sceneggiati e come primo attore della compagnia stabile della Rai che realizzava eventi di prosa specificamente rivolti alla ricezione domestica, noti come "I venerdì della prosa" e tuttora rimpianti dagli addetti ai lavori, ma soprattutto dai telespettatori. Di recente invitato a ricostruire, insieme a Dario Fo, la storia del teatro italiano in una serie di lezioni-spettacolo trasmesse in notturna, Albertazzi lamenta il disinteresse e la diffidenza dei politici, precisando: «La televisione dovrebbe lanciare il teatro e far capire quanto sia importante nella nostra tradizione culturale con rubriche di informazione, interviste agli attori e notizie utili a chiarire il rapporto fra la pagina e la scrittura di scena». Una regina del teatro come Rossella Falk prova nostalgia per la televisione del passato: «Perché non mandano in onda spettacoli che la Rai possiede già in archivio? Una commedia come "Applause", per esempio, divertirebbe il pubblico. Inoltre, è importante che la gente a casa venga informata sulle proposte che sono in scena con trasmissioni finalizzate a presentare i cartelloni e a segnalare gli eventi». Più indignata è Giuliana Lojodice: «Ci hanno messo completamente in pensione! Ci reputano inadatti e persino il mercato teatrale scende di livello per somigliare alla televisione. L'auditel ci ha incastrato in un giro infernale senza ritorno». Protagonista con Aroldo Tieri, di "Un marito", "Care conoscenze e cattive memorie", "Le bugie con le gambe lunghe", tre commedie girate completamente nella Rai di una volta, l'attrice critica la preferenza accordata a giovani divette senza esperienza e, pur proclamandosi contraria, come la maggioranza dei colleghi, alle riprese televisive degli spettacoli che snaturano una recitazione pensata per la visione dal vivo, fissandola in dagherrotipo inquietante, sottolinea la necessità di promozione degli eventi teatrali in orari meno assurdi. A spezzare una lancia per un migliore rapporto fra teatro e piccolo schermo è anche Luca Barbareschi: «I posti chiave delle televisioni sono gestiti da incompetenti! Con metà del costo di una trasmissione di Simona Ventura si potrebbero allestire 56 commedie da mandare in diretta con due milioni di spettatori!». Ma a volte il successo televisivo aiuta anche a riempire le sale teatrali purché si possieda il talento e la preparazione adeguata per affrontare la prova dell'impatto dal vivo con il pubblico. È il caso di Giuseppe Pambieri che ha appena finito di girare la nuova serie di "Incantesimo" da cui si asterrà per qualche tempo per poter recitare in tournée: «Negli anni Sessanta e Settanta ho avuto molti ruoli negli sceneggiat

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