Incontri ravvicinati sulla Luna
Al principe dei visionari del Ventesimo secolo si aggrappano i teorici della presunta messinscena del progetto Apollo, e i dietrologi della possibile "censura" sui contatti con gli extraterrestri. I primi suggeriscono che al regista fosse stata affidata la rappresentazione degli sbarchi sul satellite, che in realtà, secondo la tesi "negazionista" non sarebbe mai avvenuta: una diretta allestita in qualche studio tv (come suggeriva il film "Capricorn One") avrebbe consentito alla Nasa di rispettare tempi e costi preventivati dal presidente Kennedy, che aveva fissato per la fine degli anni Sessanta il traguardo della corsa spaziale contro i sovietici. Il teorico supremo del grande bluff, Bart Sibrel, perseguitò per decenni i reduci di quell'impresa: assicurò di aver visto Neil Armstrong impallidire al momento di giurare la verità sulla Bibbia, mentre Ed Aldrin gli gonfiò la faccia con un destro ben assestato. Secondo Sibrel, Kubrick avrebbe allestito il set per lo "show" lunare, e a rinforzo della sua teoria ricordò che, prima di morire, il cineasta aveva scelto per l'uscita del suo "Eyes wide shut" proprio il giorno del trentesimo anniversario dell'allunaggio. Una sorta di criptico testamento ad uso dei cosmoscettici. Fra gli ultrà dei Seleniti, lo scrittore Richard Boylan chiama in causa un documento della Cia: il cuore della faccenda è che nel 1969 l'equipaggio dell'Apollo 10, in orbita lunare, avrebbe individuato e fotografato al suolo un monolite artificiale. Dannatamente simile a quello che compare in "2001 Odissea nello Spazio". Kubrick, ancora una volta. Nel rapporto degli 007 si sostiene che l'oggetto sia stato recuperato da una missione segreta Shuttle nell'81, e una volta portato sulla Terra avrebbe rivelato, tra suoni e luci, informazioni su una civiltà extraterrestre e la mappa galattica per poterla raggiungere. A studiare il manufatto furono chiamati, tra gli altri, William Stubblebine, comandante generale dell'US Army Intelligence and Security e l'astronomo Carl Sagan. Quasi tutti, fra i tecnici e gli studiosi mobilitati, sarebbero poi morti a causa delle radiazioni emesse dal memento astrale. Semplici ciarle? Probabile. Ma l'annuncio di Bush di voler monopolizzare il cosmo, aggiungendo alle stelle le strisce Usa, ammanta d'attualità i vecchi misteri e le implicazioni antropologiche dei viaggi spaziali degli anni Sessanta e Settanta. Dove gli Ufo non mancarono quasi mai all'appuntamento. La rivelazione più clamorosa è quella offerta dal solito "Buzz" Aldrin, che da decenni cerca di venire a patti con la condizione di "eterno secondo" lassù. Nel luglio scorso, intervistato da una tv inglese, il pilota del primo Lem ammise che, durante il viaggio tra Cape Canaveral e il Mare della Tranquillità, un oggetto volante non identificato apparve sulla traiettoria dell'Apollo 11, abbastanza vicino da essere osservato. Aveva una forma a "elle". I tre nel modulo di comando chiesero al Controllo Missione se poteva trattarsi del terzo stadio della loro stessa capsula, ma la risposta fu che questo si trovava a seimila miglia nautiche da loro. Spiegò Aldrin: «Ovviamente, noi tre non ci siamo messi a gridare "Hey Houston abbiamo qualcosa che si muove di fianco a noi, se voi lo sapete potete dirci cosa sia?". Sapevamo che quelle trasmissioni avrebbero potuto essere ascoltate da ogni sorta di persone, e qualcuno avrebbe potuto chiedere di farci rientrare a causa degli alieni, così decidemmo di chiedere cautamente alla base a che distanza si trovasse da noi lo stadio del nostro razzo». Su quella rotta, come in un'autostrada affollata, capitava spesso di essere affiancati dagli extraterrestri. La parola in codice era "Babbo Natale". Appropriatamente, il 24 dicembre 1968, il comandante dell'Apollo 8 Jim Lovell uscì dall'orbita sulla faccia nascosta della Luna e con voce appena increspata dall'emozione disse: «Vi informo che qui c'è Santa Claus». Anche quelli del 12, a metà dell'itinerario, riferirono di essere inseguiti da due