L'America a Baghdad con la sindrome Vietnam
Il libro di Thomas Ricks, corrispondente dal Pentagono prima per il «Wall Street Journal» e poi per il «Washington Post», è il più pesante atto d'accusa mai scagliato contro l'amministrazione Bush. Ha un titolo che non lascia spazio a dubbi: «Il Grande fiasco». Ben documentato, il libro del reporter americano ripercorre tutte le fasi della guerra in Iraq analizzando gli errori e le bugie compiuti dai diversi settori dell'amministrazione Bush. I maggiori giornali statunitensi hanno parlato di «ubris»,e di «nemesi», i vocaboli greci per indicare la «presunzione» e la conseguente «vendetta» della storia per definire l'avventura irachena. «La decisione del presidente George W. Bush di invadere l'Iraq nel 2003 in definitiva può essere ritenuta una delle azioni più sconsiderate nella storia della politica estera americana - scrive Thomas Ricks - Non si avrà un quadro chiaro delle conseguenze della sua scelta se non fra qualche decennio, ma già a metà del 2006 non vi è dubbio che il governo statunitense è entrato in guerra con l'Iraq contando su uno scarso appoggio internazionale e sulla base di informazioni inesatte - circa armi di distruzione di massa e un ipotetico legame tra Saddam Hussein e il terrorismo di Al Qaeda - per occupare irresponsabilmente il Paese». Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti ed è sufficiente scorrere le cronache che ogni giorni ci arrivano dalla Terra dei suoi fiumi. «Kirkuk sotto attacco, kamikaze causano 18 morti». «Uccisi cinquesoldati americani in diversi attacchi in Iraq». «Bombe contro un corteo di auto in cui viaggiava un alto funzionario della sicurezza irachena». Migliaia di soldati statunitensi e un numero imprecisato di iracheni sono morti. Un'inchiesta parla di 650mila iracheni uccisi. Ottobre è stato il mese più tragico per le truppe Usa: oltre 90 marine uccisi. Sono state spese centinaia di miliardi di dollari, in gran parte inutilmente sperperati. La democrazia potrebbe ancora instaurarsi in Iraq e nella Regione, ma potrebbe ugualmente divampare una guerra civile o una conflagrazione regionale, che provocherebbero l'aumento del prezzo del petrolio innescando uno shock economico globale. L'autore non ha dubbi a definire l'avventura irachena come un grande fiasco. E anche Bush in questi giorni medita unc ambio di startegia. «L'ironia è che, in 18 mesi di pianificazione - si legge nel libro di Ricks - , l'interrogativo chiave sostanzialmente non venne mai posto da nessuno: che cosa fare dopo essere arrivati a Baghdad. Franks, Rumsfeld, Wolfowitz, Feith e altri alti ufficiali dedicarono oltre un anno a prepararsi ad attaccare l'Iraq, ma considerarono quasi superficialmente quello che sarebbe venuto dopo». Cosa si doveva fare lo sapeva benissimo Al Qaeda che dopo tre anni di attacchi terroristici a 360 gradi contro gli «occupanti stranieri» contro i sunniti alleati con i «crociati» e contro gli apostati sciiti ecco in un video il proclama di pochi giorni fa «Al Qaeda annuncia la creazione dello stto islamico dell'Iraq». È la risposta alla proposta statunitense di uno Stato federale. Undici formazioni della guerriglia sunnita irachena hanno così proclamato al creazione del Califfato della Terra dei due fiumi con Baghdad come capitale. Come il governo statunitense abbia potuto iniziare una guerra preventiva sulla base di false premesse è il soggetto della prima, relativamente breve parte di questo libro. La responsabilità va attribuita principalmente allo stesso presidente Bush, ma la sua incompetenza e la sua arroganza sono solo un tassello di questa storia. Colossali errori si sono verificati all'interno della burocrazia della sicurezza nazionale, da un debole National Security Council a un arrogante Pentagono e a un confuso apparato d'intelligence. Sviste ancora peggiori si sono registrate nel sistema politico e soprattutto nel Congresso, e nell'incapacità dei media di trovare e presentare fonti d'informazione alternative sull'Iraq e sulla presunta minaccia che costituiva per gli Stati Uniti. Rumsfeld