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Conclusa a Taormina la seconda edizione del festival dedicato al compositore

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Celebre direttore d'orchestra ma anche compositore, archeologo e studioso del mito, cultore della psicanalisi oltre che scrittore, Giuseppe Sinopoli (1946 - 2001) a prima vista può essere scambiato per un precipitato di eclettismo postmoderno. E invece con il titolo programmatico di «Aristaios» (Aristeo), dipanandosi intorno al mito dove le divinità greco-mediterranee sfiorano quelle nordiche, questa seconda edizione del Festival è andata alla ricerca dei nuclei forti che animarono l'attività e il pensiero del maestro. «Aristaios» lo incontriamo fin dall'inaugurazione, una mostra curata da Stefano Bruni di una ventina di vasi dell'antica Grecia provenienti dalla meravigliosa collezione di Sinopoli: tra questi una coppa, un kylix, dove il personaggio mitologico è ritratto con la dea Artemide. «Colleziono idee, non oggetti», è la frase di Sinopoli sospesa tra l'attenuante per il collezionismo e l'orgoglio per la straordinaria raccolta. Collezionare idee può essere attività pericolosa: sottile come una ragnatela, il mito allunga i suoi fili nel presente. Due racconti scritti da Sinopoli, «I corvi di Apollo» e «L'albero d'Ippolito», editi l'anno scorso, sono stati la «base» per un nuovo spettacolo di teatro musicale, andato in scena il 20 per la regia di Renato Giordano, con i quartetti Accademia (sassofoni) e Bernini (archi), più la voce di Susanna Rigacci, tutti diretti da Fabio Maestri, e la voce recitante, e assai attoriale, di Michele Placido. «L'albero d'Ippolito» è stato affidato al compositore Matteo D'Amico, per una musica narrante dalla forte dimensione sentimentale: una specie di duetto tra la recitazione del racconto di Sinopoli e il soprano, che intona dei testi aggiunti di Racine e Ovidio. Di lontano occhieggia il teatro d'opera. Invece, per il compositore Michele dall'Ongaro il mito de «I corvi di Apollo» rimanda a idee e simboli, verso cui la sua musica funziona da tramite per un teatro di magnetismi emblematici grazie all'esemplare interpretazione musicale del testo. Proprio due corvi, non di Apollo ma del nordico Wotan, annunciano la morte di Siegfried nell'Anello del Nibelungo di Richard Wagner, compositore amatissimo da Sinopoli. A Taormina è stato presentato «Il mio Wagner» (Marsilio 2006), che ripropone il testo delle quattro conferenze che il maestro tenne a Roma quando eseguì il ciclo nibelungico per l'Accademia di Santa Cecilia. Come dice Sandro Cappelletto, curatore del libro e coordinatore del Festival, si tratta del maggior contributo di un musicista italiano all'interpretazione di Wagner: così non bisogna farsi fuorviare dal tono ovviamente discorsivo e poco sistematico, quanto godere della capacità di pensare la musica come materia viva, pulsante, stratificata. Scorre il concerto conclusivo dell'Orchestra Sinfonica della Rai con «Tombeau d'amour III» dello stesso Sinopoli, che della compagine fu direttore musicale, e poi Sostakovic e Mahler. Sul podio Gianandrea Noseda, bacchetta tanto energica quanto lontana dallo stile, peraltro unico, di Sinopoli. François Lissarraguedell'Ecole des Haute Etudes al convegno organizzato dal Festival sugli «Eroi omerici» ricordava come, secondo Pausania, Ulisse in un naufragio perdesse le armi di Achille che trasportate dalla corrente giunsero sulla tomba di Aiace.

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