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di ANTONIO ANGELI UN FILM su Milano e sui soldi, un lavoro complesso con un segreto: questo è «A casa ...

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Nella storia: una prostituta dal cuore d'oro, un banchiere col cuore di pietra (Luca Zingaretti), una poliziotta incorruttibile e implacabile (Valeria Golino). Ieri «A casa nostra» è stato presentato in concorso a «Cinema. Festa internazionale di Roma». «Sì ho voluto fare un film su Milano - spiega Francesca Comencini - una bella città che da un po' di tempo è poco vista al cinema». Nel mezzo della storia appare, fugace, un'immagine di Pietro Germi: è la scena finale di «Un maledetto imbroglio», del 1959. Germi, regista e protagonista, lo riprese dal romanzo di Carlo Emilio Gadda: «Quer pasticciaccio brutto de via Merulana». Una citazione precisa, un piccolo segreto, subito svelato: «Ho voluto mettere un'immagine di Germi nel mio film perché lo amo moltissimo - spiega la Comencini - Ma soprattutto ho voluto inserire il "pasticciaccio" perché quello è il libro di un milanese scritto su Roma. Io, invece, sono una romana che fa un film su Milano». «Dopo un film sul lavoro, "Mi piace lavorare - Mobbing" - prosegue la regista - volevo fare un film sul denaro, perché a mio avviso il modo in cui gli italiani e i personaggi del film si rapportano al denaro rappresenta bene come è cambiato e cosa è diventato questo Paese». «Non è un film che si schiera - ha aggiunto, spiegando che Berlusconi con questa pellicola non c'entra niente (meno male) - molte contraddizioni rimangono aperte. È un film che cerca di comprendere più che di schierarsi. Accanto a questo tema principale ci sono poi due corollari importanti: uno è il disprezzo per le donne che spessissimo si abbina alla circolazione del denaro illecito, e l'altro è la semplicità delle cose che questi personaggi cercano davvero e che celano dietro alla rincorsa del denaro. Ovvero l'amore e il desiderio di avere figli». «A casa nostra», è una frase urlata dalla Golino, durante un incontro-scontro con il banchiere, quando gli sbatte in faccia tutta l'indignazione per come lui e quelli come lui stanno riducendo il Paese, pensando di poter fare come vogliono, nonostante l'Italia sia «casa nostra», appunto. E proprio la Golino spiega: «L'Italia è ormai quasi irraccontabile. C'è un malessere individuale diffuso di cui si parla sempre, in tv, nell'informazione, con la satira... Raccontare noi stessi così straraccontati è davvero difficile!». Per Zingaretti non è nuova la parte del cattivo: «Mi trovo bene a fare il cattivo, ma non l'ho fatto perché ho un particolare interesse ad interpretare questi ruoli terribili. Io giudico... la qualità del personaggio. Questo mio banchiere dedito a traffici illeciti di denaro sporco agisce male, ma senza rendersene veramente conto. Nel senso che non ne ha coscienza. In fondo, dice "questi sono soldi miei e ci faccio quello che voglio". È un losco che vive in bilico tra bene e male, conduce in famiglia una vita tranquilla, ma fuori è spietato. È uno che sceglie il male per speculare, ma non come scelta etica, o per una sua morale». Alla fine della proiezione stampa di ieri dalla platea si è sollevato qualche fischio. Un paio di giornalisti hanno dichiarato di non aver gradito la pellicola, un altro ha invocato l'autocritica per regista e sceneggiatore. Qualcun altro, dotato di buon senso, ha ricordato che l'autocritica non è più in auge dai tempi di Stalin. La regista ha reagito con il suo carattere energico: «Ma i giornali li leggete? - Ha chiesto appunto ai giornalisti - Vi rendete conto della facilità con cui il denaro viene giocato, rubato, usato? Merita o no di parlarne in un film? La realtà italiana è centomila volte più grave di quella rappresentata da me». E anche Zingaretti ha reagito con forza: «Ma cos'è questa cappa di piombo? Abbiamo fatto un gran bel film! Certi scandali... ormai siamo talmente abituati a starci dentro che ci infastidiamo a sentirne parlare». L'ultimo film in concorso della manifestazione, proiettato ieri sera, è stato «Izobrajaya Zhertvy» («Playing the Victim») di Kirill Se

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