Tornatore «pulp» va oltre Tarantino

Annullata la serata conclusiva della kermesse, anche l'arrivo di George Clooney è stato cancellato e ieri sera non c'è stato nemmeno il party a Palazzo Fendi per i Nastri di Diamante con la consegna dei premi del Sindacato nazionale dei giornalisti cinematografici a Benigni, Bertolucci, Salvatores e Tornatore. Resta il solito enigma di De Niro che, pare, sia oggi a Napoli a farsi fare i vestiti nuovi dal sarto Borrelli, per poi andare in visita nelle sue amatissime Paestum e Pompei. A Roma dovrebbe (e il condizionale per il carattere imprevedibile di De Niro è d'obbligo) sbarcare sabato per la consegna dei premi della Festa a Trinità dei Monti. Mentre la Bond girl, Caterina Murino, dopo aver conquistato Cannes e gli Usa, arriva domani all'Auditorium per l'inaugurazione dell'anno Accademico Act Multimedia. In un incontro con Bellocchio e Salvatores, Monicelli ha poi detto di vedere la Festa «molto affollata, con i biglietti che vanno a ruba, bisogna vedere se funziona anche il cinema». È stato intanto di nuovo ripristinato il red carpet e lunghi applausi sono stati ieri riservati a «La sconosciuta» di Giuseppe Tornatore che torna dopo sei anni dietro la macchina da presa con le musiche di Ennio Morricone. La storia, un noir condito di sangue e violenza, ha per protagonista Irena (la bella e brava attrice russa Ksenia Rappoport), giovane donna emigrata dall'Ucraina alla ricerca di un terribile segreto legato al suo passato. Il film, dal 20 ottobre distribuito in 300 sale da Medusa, vanta interpreti d'eccezione, come Margherita Buy, Pierfrancesco Favino, Claudia Gerini, Alessandro Haber, Piera Degli Esposti e un Michele Placido inedito. Trafigurato (pelato e senza sopracciglia), l'attore veste i panni del diabolico Muffa, perfido «protettore» di prostitute ed ex torturatore della protagonista. Spietato e agghiacciante, Placido interpreta un capo racket del traffico di bambini, che sfrutta donne dell'Est, le mette incinte, le fa partorire e vende i figli nati. «Nel finale, che sembra buonista, non ho voluto dare carezze agli italiani — ha spiegato il Premio Oscar di "Nuovo Cinema Paradiso" —. Questo non è un film di giudizi e di denuncia. Il finale è doveroso e questa donna doveva avere un riscontro del suo affetto. Non è il mio primo film violento e non vedo paragoni tra me e Tarantino: le scene di sangue si facevano anche prima di lui. Qui c'è soprattutto il desiderio di ritrovare una maternità da parte di una ragazza ucraina sfruttata per anni dal racket della prostituzione, che poi va alla ricerca di una figlia. Una figlia che è stata costretta e vendere. La troverà tra mille violenze, o crederà di trovarla, in Tea, bambina adottiva di una famiglia di gioiellieri (Pierfrancesco Favino e Claudia Gerini) e potrà darle tutto il suo amore, almeno come tata. Mi hanno spesso accusato di essere misogino perché i miei personaggi femminili avevano ruoli marginali, ma in questo film la protagonista è una donna diventata crudele per le violenze subite». Bellissima e commovente l'interpretazione della piccola Clara Dossena che sembra uscita da un quadro di Vermeer: «La bambina nel film soffre di una sindrome rara, dovuta alla degenerazione del riflesso di Moro, che la costringe a non avere alcuna autodifesa. E questo è stato un pretesto per aumentare i sensi di colpa della donna. D'altra parte i sensi di colpa fanno parte dei genitori di oggi, costretti a delegare ad altri persino l'affetto dei propri figli». Tre infine i film in concorso ieri alla festa di Roma che hanno destato interesse: «This is England» di Shane Meadows, «A few days later» di Niki Karimi e «Cages» di Masset - Depasse.