Nella sezione Premier anche l'apprezzato «Namesake» di Mira Nair
L'affascinante interprete di Aragorn nel «Signore degli Anelli», alla Festa di Roma si è lasciato fotografare con t-shirt a bande orizzontali azzurre e rosse e con la bandiera della squadra argentina. Tutto senza però tralasciare la presentazione del film «Alatriste», tratto dai cinque romanzi di Arturo Perez-Revèrte, diretto da Augustìn Dìaz Yanes e con Enrico Lo Verso nei panni di Malatesta. Il film, che racconta la storia del capitano Diego Alatriste y Tenorio, vede protagonista nella Spagna del diciassettesimo secolo questo soldato valoroso che si presta, durante la sua avventurosa vita, ad essere anche un sicario. Il Capitano Alatriste è un personaggio mitico in Spagna e la sua trasposizione al cinema si è rivelata un successo: il film ha incassato in patria 16 milioni di euro. Il protagonista è un veterano che, dopo aver combattuto nelle guerre delle Fiandre, lavora come mercenario nella Madrid corrotta della metà del 1600 e si ritrova a fare da padre al figlio di un compagno caduto. «Sono orgoglioso di questo film — ha detto Mortensen parlando indifferentemente inglese, spagnolo, italiano e russo —. L'italiano l'ho imparato dieci anni fa in Italia, nel film di Jane Campion "Ritratto di Signora" con Nicole Kidman, e il russo lo sto imparando perché sto per girare il prossimo film di Cronenberg nel ruolo di un capomafia russo. Dell'italiano mi piace la sonorità. "Alatriste" è un grande esempio di cinema spagnolo e del grande talento che questo paese sa offrire. Il regista ha fatto un classico, che verrà ricordato per molto tempo. La storia affronta anche il tema della paternità e io sono un padre, ho una figlia che studia all'Università. L'esperienza della paternità è un'avventura e non sai mai dove va a finire, anche io ho fatto i miei errori. Nel film, Alatriste è tutt'altro che contento quando l'amico in punto di morte gli affida il figlio. Però, si assume quella responsabilià. Non cerco mai un personaggio in particolare, voglio avere delle sorprese nei ruoli, affrontarli nel dubbio, nell'incertezza di come si comporteranno lungo la storia. L'orgoglio è il tema ricorrente della storia. E l'orgoglio può portare alla creatività artistica, ma anche portare alla rovina, come in una battaglia. Per Alatriste, la cavalleria e il codice d'onore li esprime combattendo per i suoi amici, per la parola data. In amore, l'orgoglio si fonde con l'insicurezza. Anche i soldati di oggi che combattono in Iraq o in Afghanistan, siano essi americani, italiani o francesi, sono legati dal senso della lealtà e dall'amicizia per i loro commilitoni e questo li esalta più della lealtà verso il loro Paese». Americano di origini danesi, Mortensen ha poi raccontato un episodio che ha vissuto proprio a Villa Borghese l'altro ieri: «Ho visto tre orientali venditori ambulanti presi a calcio da un branco di ragazzi che si sono sparpagliati mentre io e i miei amici ci avvicinavamo. Quello non è coraggio, certo, ma spesso i politici, gli attori e i giornalisti, rischiano di manipolare i giovani facendo loro credere che la violenza sia sinonimo di coraggio: questo è terribile». Oltre ad «Alatriste» nella sezione Premiere della Festa è stato presentato ieri «The Namesake» dell'indiana Mira Nair, con la straordinaria protagonista Tabu. È un film «molto personale che rispecchia le mie esperienze — ha svelato la regista —. Girato e ambientato tra Calcutta e New York, la pellicola racconta la storia di Gogol, frutto di un matrimonio combinato e costretto fin dall'infanzia a fare da mediatore tra la cultura dei suoi genitori e quella in cui è cresciuto. Una storia imprevedibile e commovente, anche io come i protagonisti del mio film sono stata costretta a dividermi tra la mia cultura e quella Usa. Sono stata sposata per un po' con un americano e ricordo ancora la depressione che mi coglieva nelle festività come il 4 luglio. Per noi indi