di ANTONIO ANGELI POLIEDRICO, imprevedibile eppure riesce ad essere sempre una sicurezza: ieri alla ...
Ieri Besson all'Auditorium ha incontrato un foltissimo gruppo di bambini ai quali, in una mattinata chiassosa e divertente, ha spiegato entusiasmi, paure e problemi del film che sta realizzando per loro e per quella parte di lui che è rimasta all'infanzia. La storia di «Arthur» arriva da lontano: «All'inizio - ha spiegato Besson - volevo scrivere un libro, solo un libro e l'ho fatto». Scrivere per il regista e produttore francese «è molto più facile e divertente che fare il regista. Se si vuole cambiare la parte di un libro - spiega - basta sostituire qualche parola. Se si vuole cambiare la scena di un film è un'impresa difficilissima». Comunque il libro vide la luce e fu un successo così alla fine i libri divennero tre. Poi fu proposto a Besson di fare dei suoi racconti un «qualcosa di piccolo per la tv». Ma lui, che da francese doc è trascinato verso la «grandeur» pensò invece di fare «una cosa grande per il cinema». E così cominciò l'avventura, abbandonando i film «veri» per passare decisamente all'animazione. «Dopo tanti anni di onorata carriera e dieci film, voglio continuare solo a patto di migliorare sempre di più. Un po' come fanno gli sportivi: altrimenti è bene lasciar perdere. Non faccio film per fare soldi: certo, se trovassi un copione fantastico anche domani non avrei dubbi...». «Arthur e il popolo dei Minimei», tutto girato con una complessa tecnica che costruisce una realtà fatta di personaggi reali, virtuali in 3d, scenografie vere e costruite con il computer, è costato cinque anni di lavorazione e l'impegno di centinaia di persone. I personaggi avranno voci famose come Madonna e David Bowie, uscirà in Francia a Natale e in Italia a febbraio. Ai bambini che hanno accolto con urla di entusiasmo e una raffica di domande il trailer del nuovo film Besson ha fatto calorosi complimenti: «Siete più bravi dei giornalisti... almeno di quelli francesi!». E poi contagiato dall'allegria dei ragazzi, ha raccontato della sua infanzia: «Da piccolo sognavo di fare l'astronauta, poi di occuparmi di delfini, ma ho avuto problemi con le immersioni, così, alla fine sono finito a fare cinema». Il futuro?: «Bisogna capire se e quanto piace la saga di Arthur. Ma noi continueremo fino a quando ci saranno storie da raccontare. Vengo dal mondo dei film non di animazione - ha ricordato - ma oggi grazie alla tecnologia si possono fare cose straordinarie, direi incredibili. Il film non vuole essere una risposta al cinema americano. Intanto perché loro hanno più soldi, ma soprattutto perché dobbiamo fare appello alla nostra cultura: la Grecia, il Medioevo». E di Roma che pensa? «Una città tutta da scoprire. È magnifico essere qui e siccome mi hanno dato le chiavi, posso andare dappertutto!».