Diario d'artista: Massimo Ghini
«I film sono della gente, non dei critici»Ho un sogno segreto, recitare la battuta cult: il mio nome è Bond
Come rappresentante dell'Istituto sono doppiamente felice: per essere stato presente alla premiazione di Connery, per me un autentico mito, e per vedere nascere la Festa Internazionale del Cinema di Roma. Era ora che s'ideasse un grande evento cinematografico realizzato pensando alla gente che ama il cinema e che vuole parteciparvi senza troppi fronzoli. Ma con l'intenzione di divertirsi, di sognare e di arricchirsi di storie nuove. Da troppo tempo, il cinema era vissuto in Italia con esagerata sacralità. Senza pensare che noi attori non siamo chirurghi di Huston, non operiamo a cuore aperto o con i cervelli in mano. Noi siamo gente di cinema e il cinema è una grande rappresentazione della vita, così come è. Non c'è nulla su cui doversi scervellare più di tanto. Occorre invece partecipare con gli spettatori ad una bella Festa, che sia per tutti e che svesta il cinema di quegli esasperanti intellettualismi e di certe asettiche critiche cinematografiche. Se avessi voluto fare l'intellettuale avrei praticato un altro mestiere. Avrei proseguito la mia carriera di avvocato, che in realtà non ho mai esercitato. Oggi sono felice che esistano festival squisitamente artistici, come è la Mostra del Cinema di Venezia. Ma sono ancora più felice nel vedere la nascita di questa bella Festa romana. E riguardo a Sean Connery, che ha presentato ieri per la prima volta in Italia il suo unico film da regista, «The Bowler and the Bunnet», vorrei ricordare un aneddoto curioso. Era il 1991 ed ero stato invitato a Saint Vincent per le Grolle d'oro. Con me c'erano tanti celebri attori e registi e, a un certo punto della serata, i conduttori ci sottoposero ad una sorta di quiz. Chiesero ad ognuno di noi quale fosse la battuta che da sempre sognavamo di recitare. Tutti si spremevano le meningi partorendo frasi da capogiro davvero ermetiche. Quando arrivò il mio turno evocai semplicemente la battuta che da sempre sognavo di dire: «Il mio nome è Bond, James Bond». Ricordo che calò il gelo e nessuno riuscì più a proferire parola, solo perché forse all'epoca i film dell'agente 007 erano considerati troppo commerciali e poco autoriali. Ecco, adesso Sean Connery viene consacrato dalla Festa di Roma per quello che è: un grande attore, un attento regista, un acuto interprete della realtà contemporanea. Quella vera che appartiene a tutti, non quella immaginata da pochi.