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LA COMMEDIA DEL POTERE, di Claude Chabrol, con Isabelle Huppert, François Berléand, Patrick Bruel, Francia, 2006.

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Tanto che meglio si addice il titolo della versione francese del film, «L'ivresse du pouvoir» da tradursi «L'ebbrezza del potere» e non certo «la commedia». Il potere, dunque. Il personaggio cui dà un volto gelido Isabelle Huppert lo detiene, quasi assoluto, perché esercita le funzioni di giudice al Tribunale di Parigi e, come tale, indaga su una serie di scandali politico-finanziari che lo fanno scontrare, duramente, con industriali corrotti e, più nell'ombra, con molti dei loro corruttori, annidati soprattutto nei recessi della politica. Il giudice non guarda in faccia nessuno, riceve minacce, subisce attentati, da qualcuno dei possibili sospetti arriva ad essere circuito con larvati tentativi di corruzione, ma niente lo smuove. Nemmeno quando il marito, stanco di quella frenesia che lo priva di qualsiasi intimità con una moglie sorvegliata giorno e notte da guardie del corpo, si allontana a tal segno da vedersi, per rivalsa, piantato in asso su due piedi, finendo addirittura per tentare il suicidio. Quest'ultimo episodio, però, farà riflettere la donna. Anche perché, nel frattempo, i suoi superiori, evidentemente collusi con i suoi inquisiti, hanno cercato di metter fine alle sue inchieste e anche perché, all'improvviso, dopo la disgrazia del marito, ha finito per provare un sospetto di pietà per una delle sue «vittime», fisicamente distrutta dalla situazione in cui è stata coinvolta. Così rinuncerà all'ebbrezza del potere e darà spazio a quella vita privata che aveva cancellato quasi del tutto. Un film insolito per Chabrol. Con quel personaggio che, pur dato come negativo, anche se tutto sommato nel giusto, alla fine lo si riporta entro binari meno rigidi e addirittura domestici, rischiando di evidenziare, dal punto di vista narrativo, delle contraddizioni. Non risolte del tutto da una regia che, dovendo sciorinare un interrogatorio dietro l'altro, con poche digressioni attorno, ricorda un po' troppo il teatro. Però, a sostenere il tutto, c'è appunto la presenza di Isabelle Huppert. Rigida, dura, inflessibile, portatrice di una giustizia che a momenti assomiglia, soddisfatta, a una vendetta. Ma capace anche di sfumature sommesse, pronte, nonostante tutto, a fare intuire quegli squarci di umanità che alla fine vinceranno. G. L. R.

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