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«Adesso tanti ex comunisti fanno autocritica sull'assenso ai carri armati sovietici in Ungheria. Ma Napolitano si apre a una nuova lettura della storia italiana, Ingrao no»

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Dice: «Pubblicheremo anche il carteggio inedito fra Nenni e Togliatti, dal 13 al 29 ottobre '56. Ne emerge un Togliatti aggressivo specie sul processo di unità socialista che, dice, si starebbe facendo sulle posizioni "reazionarie" di Saragat, e Nenni che gli risponde di no, affermando che l'unificazione si farà su un programma di grandi riforme. C'è un Nenni che sugli avvenimenti in Europa orientale dà atto a Saragat di avere avuto ragione. Pochi giorni dopo, con la seconda invasione in Ungheria si ha la rottura radicale fra socialisti e comunisti». Oggi in tanti fra i comunisti di allora ammettono di avere sbagliato nell'approvare l'intervento sovietico, da Napolitano a Occhetto e fino ad Ingrao... «Lo fanno in maniera diversa. Napolitano non si piega semplicemente al rito dell'autocritica. Dice: no, la linea giusta era quella di Nenni, il che significa ammettere che se tutti avessero seguito la via del leader socialista la storia dell'Italia e della sinistra sarebbe stata altra cosa». Ci arrivano comunque cinquant'anni dopo... «Ci arrivano sempre in tempi lunghi, è per loro una prassi, e qui potrei dire "meglio tardi che mai", anche se nel caso di Napolitano questa battuta non è sufficiente. Per come lo ha detto - su questa linea troviamo anche Occhetto - fa storia vera: nessuno potrà mai più dire che c'era una sinistra unita che si è rotta per il "tradimento" di Nenni». Ingrao, da direttore dell'Unità, censurò le corrispondenze da Budapest di Alberto Jacoviello, comunista, certo, ma anche uno che cercava di fare onestamente il proprio mestiere. E anche Ingrao dice oggi di avere sbagliato... «E qui si ferma. La sua è la classica autocritica dalla quale non fa derivare una riflessione politica. Anzi sembra accusare Napolitano di non avere tenuto conto della rottura di allora fra socialisti e comunisti, come se non fosse avvenuta sotto i cingoli dei carri armati sovietici, quando Togliatti approvò quella repressione e Nenni la definì atto di colonialismo». I giornali di questi giorni hanno pubblicato una lettera scritta da Nogy a Togliatti nel '57, dall'esilio in Romania, prima di venire processato e impiccato su ordine dei sovietici. Era una richiesta di aiuto al segretario del più forte partito comunista occidentale. Crede che Togliatti abbia risposto? «Non è un caso che i giornali abbiano pubblicato solo la lettera di Nogy. Non credo che esista una risposta di Togliatti. Di recente ho rivisto il filmato di una tribuna elettorale di allora. Un giornalista chiede a Togliatti un giudizio sulla morte di Nogy. E il Migliore: "Io approvo la giusta punizione data a Nogy che voleva restaurare la dittatura borghese, ed era pertanto nemico della libertà e della democrazia"». Il suo giudizio su Togliatti. «Uno dei più intelligenti leader comunisti, che per la sua autorità poteva permettersi talune libertà, ma comunista al cento per cento. Insomma, la sua intelligenza era applicata a far sì che il comunismo moscovita avesse successo. Come dirigente dell'Internazionale comunista fu corresponsabile di molte delle più dure decisioni prese contro i dirigenti dei partiti cosidetti fratelli». Nelle esegesi comunista lo si presenta come l'erede di Gramsci... «Gramsci dice in una delle "Lettere dal carcere", di quelle pubblicate dopo la morte di Togliatti, che il Migliore, comunque i suoi seguaci, lo volevano far rimanere in una prigione fascista, per salvarlo dal destino di morte che poteva attenderlo in Urss». Gli ex comunisti di oggi che g

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