Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Guerrieri in trasferta

Esplora:
default_image

per una Cina mai vista

  • a
  • a
  • a

Redarguisce un bambino che trova ai suoi piedi un cent, e lo raccoglie, prefigurandosi già la sbornia di comprarsi un gelato. «Dallo alla polizia», tuona il Grande Timoniere di marmo allungando un braccio e stendendo l'indice, quasi convitato di pietra. Duemila anni passano tra il gigante che si tuffava sbruffone nel Fiume Giallo e i mastodonti di terracotta che da domani, e per la prima volta in Italia, vedremo alle Scuderie del Quirinale, nella mostra «Cina. Nascita di un Impero» (a cura di Lionello Lanciotti, decano dei sinologi italiani, e di Maurizio Scarpari, filologo dell'università Ca' Foscari di Venezia, fino al 28 gennaio 2007, catalogo Skira, organizzazione Azienda Speciale Palaexpò). Duemila anni e, con la Cina di Mao, in comune solo - ci veniva in mente - la monumentalità. Ché il resto - déi e credenze, magnificenza e suggestioni, simbolismi e rituali - furono affossati, cancellati, nel realismo della Rivoluzione Culturale. Luce al neon, sole allo zenit, insomma, dominavano nella Cina del Libretto Rosso, quanto penombra, albe e tramonti, in quella di Yin Zheng, il sovrano della dinastia dei Qin (si pronuncia Cin) che nel 221 avanti Cristo divenne Primo Augusto Imperatore, unificando in un solo regno - dopo dieci anni di guerre e missioni diplomatiche - quello che sarebbe diventato il Celeste Impero. Impresa titanica, che nella Grande Muraglia, da Zheng cominciata in forma di terrapieno, ha il manufatto più simbolico. Di lui narra la rassegna delle Scuderie del Quirinale, che oggi pomeriggio verrà inaugurata dal Presidente della Repubblica, Napolitano, e che è il logico corollario del tam-tam cinese propinatoci dalla missione governativa appena conclusa, o dal Leone della Mostra del Cinema di Venezia, assegnato a sorpresa a un regista di Pechino. Ma narra anche (con i trecento reperti venuti da 14 musei cinesi, il più alto numero di opere d'arte mai concesse all'Occidente dal colosso dell'Estremo Oriente) delle dinastie che lo precedettero e lo seguirono, a partire dal 1045 avanti Cristo e fino al 23 dopo Cristo. E la cifra della mostra è quella della notte, del nero, dell'oltretomba. Uno scenario d'incredibile suggestione, che Il Tempo è in grado di anticipare, inventato non da un architetto, ma dal grande regista-affabulatore, Luca Ronconi, e dalla sua altrettanto grande scenografa, Margherita Palli. Il viaggio attraverso gli oggetti di duemila e più anni fa - bronzi e terracotte soprattutto, e poi utensili in oro e giada, tanta giada, fino a un'intera veste regale - è un viaggio «sotterraneo», poiché la gran parte dei reperti proviene da sepolture. E comincia, al primo piano delle Scuderie, con un coupe de théâtre: un grande airone avvolto in un velario, un'impalpabile uccelliera che invita al volo a ritroso nel tempo e nella fantasia. Poi è la notte, sono le repentine illuminazioni in cui appaiono statuine - fanti, cavalieri, figure femminili, cani, buoi, - sistemate davanti a specchi, che ne riflettono l'immagine e la rimandano al gruppo di «personaggi» di fronte, in un'onirica danza. Dal piccolo al grande, ma sempre nell'atmosfera dell'evocazione improvvisa. Eccolo, l'incontro più emozionante, quello con l'esercito di terracotta dell'imperatore, i mille e mille guerrieri e i loro cavalli. Erano nella tomba di Yin Zheng, l'immenso mausoleo al quale l'imperatore (morto anzitempo e all'improvviso) aveva affidato il compito di renderlo, anche visivamente, carismatico e immortale. E se nel luogo dove furono casualmente rinvenute nel 1974, Xianyang, sede dell'antica capitale dell'Impero, i visitatori vedono le statue di terracotta dall'alto, alle Scuderie i quattro esemplari coi cavalli ci si parano di fronte, e pare che ci vengano addosso, che l'auriga tiri le briglie proprio in una galoppata d'incontro. Al secondo piano prevalgono i bronzi e le terracotte colorate. Corredi mortuari ma anche una serie di campane s

Dai blog