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Majanlahti risponde a Stinchelli «Ecco come è nata la mia Guida»

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Cosicché la città e la sua Storia si disvelano poco a poco, con una certa riluttanza e soltanto a un osservatore molto assiduo. Quando ho cominciato a scrivere il mio libro "The families who made Rome", che oggi ha la sua edizione italiana ("Guida completa alle grandi famiglie di Roma", editore A. Vallardi), il mio obiettivo principale era di trovare un modo di sovrapporre due labirinti: da un lato quello della città concreta, dall'altro quello della storia nascosta. Delle poche costanti che hanno connotato la storia di Roma, quella della "famiglia" è probabilmente la più significativa. Con questa idea in mente ho avviato il mio percorso di studio nel tentativo di comprendere la città e il suo sviluppo non solo come il prodotto di individui ricchi e potenti bensì di gruppi famigliari, ciascuno con la propria identità e le proprie ambizioni, che naturalmente venivano rappresentate dall'arte e dall'architettura commissionate dalla famiglia. Costruire costava, e costa, caro e le famiglie che hanno fatto Roma mettevano così tanta cura in questa attività che le architetture, i palazzi, le piazze comunicavano qualcosa della loro identità al mondo intorno. Mi sono reso conto, in tal modo, che la pianta di Roma è come un gigantesco libro da leggere, se appena si potesse apprendere il linguaggio dei suoi edifici e delle sue opere d'arte; un libro della sua propria storia che ha come autori le grandi famiglie di Roma. Ma quali famiglie avrei dovuto scegliere? Sono così tante le famiglie di Roma, e tutte con storie interessanti, che avrei dovuto scrivere un libro cinque volte più ampio. In un recente e molto generoso articolo su queste pagine, Fulvio Stinchelli ha lamentato la mia scarsa considerazione della famiglia medievale dei Caetani, al cui palazzo accenno soltanto brevemente nel mio volume. A dire la verità, per me è stato alquanto doloroso escludere questa famiglia: il papa della famiglia, Bonifacio VIII (1294-1303, è una straordinaria figura storica. Per esempio, il suo successore lo ha nientemeno processato postumo come eretico e nel corso delle udienze, testimone dopo testimone hanno raccontato come Bonifacio VIII avesse bollato come ridicola la resurrezione del corpo: «Avete mai visto un pollo, arrostito e mangiato, tornare in vita?», fu il commento sarcastico rivolto a un paio di monaci. Papa Caetani affermò pure che giacere con le donne o coi ragazzi non era affatto peccato, come non lo era sfregare le mani fra loro. E gli atti di quel singolare processo a un morto ne raccontano davvero di tutti i colori. Ma è pur vero che sono pochi i siti accessibili al pubblico di questa famiglia (fra gli altri, le superbe rovine del Castrum Caetani presso la tomba di Cecilia Metella sull'Appia Antica). Da qui la mia decisione di considerare soltanto quelle famiglie i cui monumenti risultavano accessibili e visitabili. Dunque, nessuna esclusione dovuta a preferenze personali o alla ricchezza e accessibilità di questo o quel fondo. Ho deciso che il mio libro avrebbe preso la forma di una "guida", seppure mantenendo la sua dimensione di storia sociale e dell'urbanistica. In questo modo il "dove" di un edificio risulta particolarmente importante. Quando Girolamo Riario, intorno al 1477, edificò il suo palazzo (l'odierno Palazzo Altemps) su un lato della strada piuttosto che sull'altro, la scelta tuonò quasi come una dichiarazione di guerra, perché stava costruendo nel territorio dei suoi nemici, la famiglia Colonna, invece che in quello dei suoi alleati, gli Orsini. Comprendere questa funzione dell'architettura come "arma" è capitale per leggere lo sviluppo urbanistico di Roma. Purtroppo non ho dovuto tralasciare soltanto i Caetani ma pure altre famiglie, altrettanto affascinanti. Mi rincresce ancora oggi di aver dovuto rinunciare ai Pallavicini Rospigliosi, ai Savelli, ai Conti di Segni, agli Odescalchi. A Fulvio Stinchelli è dispiaciuto in particolar modo l'assenza dalla mia indagine della famiglia Ruspoli, ma non ho avuto scelta: in casa Ruspoli non si

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