di PAOLO CALCAGNO «QUANDO lavoro, non penso all'arte.
Osservatore acuto e sensibile della quotidianità newyorchese, Basquiat amava trafiggerla con passione e ironia dalla sua prospettiva di "refusé". Un rifiuto, tuttavia, che nella sua breve esistenza fu contemplato (e combattuto) più sul versante dei principi che non vissuto realmente, giacché successo, onori, denaro e privilegiate gratificazioni gli spalancarono le porte già intorno ai 20 anni. Ed è, probabilmente, con l'intento di evidenziare assieme il percorso artistico ed esistenziale di uno fra i principali geni dell'arte contemporanea che la Triennale di Milano e la Chrysler hanno voluto realizzare il grande "Show" che verrà dedicato all'artista statunitense di origine haitiana, da domani al 28 gennaio 2007. La mostra "Jean-Michel Basquiat Show", curata da Gianni Mercurio, è il terzo grande appuntamento milanese con l'arte contemporanea dell'accoppiata Triennale-Chrysler (dopo "The Andy Warhol Show" e "The Keith Haring Show") e si annuncia "come una delle più vaste retrospettive sinora dedicate al grande artista americano, certamente la più importante mai realizzata in Europa". Dai Musei d'Arte Contemporanea di Barcellona, Marsiglia, Gerusalemme, Los Angeles e da altri prestigiose istituzioni pubbliche e collezioni private provengono i circa 80 dipinti, i 40 disegni, la vasta documentazione fotografica (con scatti di Tseng Kwong Chi, Edo Bertoglio, Maripol, Stephen Torton, Lizze Himmel e altri) e la sezione video della mostra, peraltro raccolti nel prezioso catalogo di Skira. Nato a New York nel 1960, da madre portoricana e da padre haitiano, Basquiat limitò a una sola decade (dal 1978 al 1988) la sua attività artistica, ma servendosi di materiali poveri, comunque, generò un'enorme mole di opere, fin dalle esperienze iniziali di "street-art" con cui stabilì legami stretti con il mondo della strada. E la mostra milanese ripercorrerà la furia creativa di Basquiat tracciando "un percorso che consentirà l'approfondimento di alcune tematiche a lui care". Si parte dai graffiti "sui generis" in cui già appare il tema delle scritte, quando firma SAMO, probabile acronimo di "Same Old Shit" (la solita vecchia merda), i suoi aforismi e le sue poesie brevi sui muri di Brooklyn; numerose, poi, le opere in cui affronta la tematica delle sue radici afroamericane, seguite dagli autoritratti "che svelano fragilità e ambizioni, il desiderio di riconoscimento e la fama travolgente", e non mancano i dipinti dedicati alla scena artistica degli anni '80 nell'amato contesto newyorchese e alla profonda amicizia con Andy Warhol. Un percorso che promette forti emozioni, come sottolinea il curatore Mercurio: "L'allestimento delle opere consentirà ai visitatori della mostra di entrare a far parte di un mondo che oscilla tra infanzia e perdita dell'innocenza, di godere dello slancio vitale che anima il gesto e l'uso del colore, e di comprendere al tempo stesso l'orrore e la sofferenza contenuti nei segni, nelle parole e nelle forme che implodono provocando deflagrazioni e autodistruzione". Inoltre, un filmato prodotto da Chrysler proietterà su grandi schermi le immagini che raccontano l'influenza esercitata su Basquiat da miti della "black culture", quali Charlie Parker, Miles Davis, Mohammed Alì, Sugar Ray Robinson, Malcom X, Martin Luther King. Lo "Show" della Triennale prevede anche la proiezione del film "Downtown '81", finanziato da Maripol e diretto da Edo Bertoglio, in cui Basquiat interpreta se stesso: "il film racconta la giornata di un artista underground newyorchese, documentando l'effervescenza culturale e creativa della New York degli anni '80". Un'effervescenza di cui B