Maurizio Costanzo racconta la vita in tv tra Rai e Mediaset
Mentre si avviava verso Via Teulada, Maurizio Costanzo sapeva che non avrebbe potuto più millantare di «essere bello come Robert Redford»: per lui finiva la stagione della radio - dove la sua voce aveva sedotto e raccontato - e iniziava quella della tv: tutto in mostra. Baffi, colletto sbottonato e via andare. Non pensò: chi me l'ha fatto fare? «Ero tranquillo. L'ex direttore generale Bernabei si era detto sicuro che dopo le dieci e mezzo gli italiani vanno a letto. Col cavolo! La prima puntata di "Bontà Loro" raccolse cinque milioni di telespettatori, la seconda tredici. Quel 18 ottobre non ero neppure andato a cambiarmi: venivo dalla Fonoroma, stavo sceneggiando un film con Ruggero Maccari. Con in tasca un rasoio a pile, mi ero fatto la barba arrivando in studio». E da allora la lucina rossa non si è più spenta. Dalla Rai in Mediaset. Dalla notte alla mattina. E oggi ricomincia, alle 17 e 10. «Con "Buon Pomeriggio" recupero un titolo dei tempi della radio, l'avventura dei primi anni Settanta con Dina Luce. Allora erano due ore, stavolta 47 minuti: lo spirito è di allargare lo spettro dell'attualità, storie esportabili come quella di Natascha, o la violenza in famiglia, o la ragazza che si sente brutta e vuole farsi allungare le gambe. Su versanti più allegri, il gossip di Platinette. Torno al giornalismo a tutto tondo». Quanti ospiti, in tre decenni? «Circa 25mila al Costanzo Show, un altro migliaio tra "Bontà Loro", "Grand'Italia", "Acquario". Poi c'è "Buona Domenica". Facciamo trentamila e non se ne parli più». Milioni di domande. «Ho sempre dovuto faticare come una bestia per far raccontare un brandello di verità alla gente. Per anni facevano tutti resistenza, volevano per forza apparire come ci si immaginava che fossero. Se l'ospite era un medico non si rivolgeva agli ascoltatori, ma agli altri medici. Poi una volta venne Marcello Mastroianni a "Bontà Loro". Non lo conoscevo, ma a un certo punto sentii lo zip della cerniera della verità che si abbassava: e cominciammo a parlare davvero. Nel tempo tutto è diventato più facile. Ma anche questo nasconde un rischio». Che gli ospiti recitino con maggior disinvoltura. «Che scatti la verosimiglianza. La bugia mascherata da confidenza. Una cosa che mi fa girare terribilmente le scatole». Se ne accorge in tempo? «Avverto quel metalinguaggio e corro ai ripari. Mi divertono quelli che si raccontano come fossero tutt'altra cosa». Si è pentito di aver creato qualche "mostro"? «Mai. Sul mio palco sono nati veri artisti: Iacchetti, Covatta. E Valerio Mastandrea, Ricky Memphis». Sgarbi? «Si sarebbe imposto in ogni caso. Quelli che non ce l'hanno fatta per mancanza di repertorio si sono ammazzati da soli. Mi sono semmai pentito di aver invitato troppi "sbrasoni". Come quella volta, una signorina al Parioli: non mi ero accorto del suo abbigliamento succinto. Entrò di quinta con un sigaro in mano e andò a sedersi sulle ginocchia di Bracardi. La cacciai immediatamente. O quando capii in corsa che avevo di fronte un camorrista: mandava messaggi in codice a qualcuno. Lo allontanai». L'intervista mancata? «Wojtyla. Diceva sempre di essere un Papa uomo: gli avrei chiesto quanto fosse rimasto in lui, di quell'uomo». Ratzinger ha sbagliato comunicazione, sull'Islam, o è stato solo frainteso? «Avrebbe dovuto attenuare il senso delle sue parole, o esporle in modo diverso. Un papa può dire ciò che vuole, ma mi domando se con Benedetto XVI, che non è un tuttologo, vi sia un minimo di filtro. Se il Papa azzarda, ci sentiamo tutti nudi, scoperti. Al Vaticano esistono schiere di comunicatori felpati, e sconcerta quel che è accaduto: quando era direttore del Tg1, anche Gad Lerner finì in una trappola, ma lì bastava un caporedattore che artatamente omettesse il controllo, e il gioco era fatto. Di certo, non avevamo bisogno di una nuova aggregazione degli islamici». Gira gira, rispunta la Rai. «Ho un'esclusiva con Mediaset fino all'agosto 2008. Se poi trovassi un accordo di reciproca soddisfazione con il mio editore, se mi abbonasse un anno, fa