Ma che scommessa onorare il Sommo Poeta

Un bivacco, piuttosto che un vero e proprio festival. È una stazione di posta, dove si cambiano i cavalli del cuore e degli occhi. Un luogo di quiete e di accensione. Di silenzio e di concerto. Quel che sta accadendo a Ravenna, nei pressi della tomba del gran Poeta è una specie di circo della profondità e della bellezza. Artisti di ogni genere, poeti, ballerini, attori, registi, pittori stanno dando vita a Dante 09. Quando la signora Castelli, incaricata da Lanfranco Gualtieri, presidente della Fondazione della Cassa di Risparmio che ha voluto l'iniziativa, mi chiese se avevo qualche idea, ho inghiottito forte. Sei un poeta vivace, mi ha detto, pensaci su. Si fa presto a dire. Non è mica facile onorare Dante. Dico onorarlo senza retorica. Senza, come diciamo in Romagna, far della maletta (che è un ispanismo, somiglia al termine spagnolesco valigia, e indica un fenomeno di borsismo, di annoiamento). Ogni volta che vado negli Stati Uniti (un paio di volte l'anno, per letture e conferenze) vedo che aumenta il numero di traduzioni dedicate alla Commedia. Un interesse a vari livelli, che dipende da molti fattori. Credo innanzitutto dipenda dal fatto che Dante è vasto e certo. Dal fascino che un'opera bella e commovente così sia fiorita per un grande dolore (la morte di Beatrice) da un grande amore e da una grande certezza: la vita ha un senso. Insomma si tratta di onorare, nel mese in cui cadde la sua morte per febbre malarica, la vita e l'opera del più Grande. Allora ho mirato al cuore. Ho voluto chiamare amici artisti e persone di cui ho stima, fossero pure astrofisici o giornalisti. Dunque ho pensato: si avvii, innanzitutto, una sarabanda di fuoco, poesia e musica, fino davanti a quella tomba, al Gran Bivacco del destino. La bellezza di Nicoletta Romanoff porti il primo omaggio. Tra le parole di Eliot, Luzi, Auden, figli novecenteschi e contemporanei di Dante. E che si leggano poesie d'amore, come han fatto Leroy, Dix e Lombardi. Che si guardi il segreto delle stelle guidati dai versi della Commedia e dalla scienza di un astrofisico. Si mostrino opere d'arte. E si indovini che cinema sarebbe piaciuto a Dante, conversando con registi ed esperti di cinema. O si segua il viaggio di Ulisse, incontrando scrittori, poeti, e gente dantesca. Dante è un mondo. Offre molte chiavi di accesso. Molte piste. Ma non sopporta d'esser preso a pretesto. Ti muore tra le mani la sua bellezza. Qui stiamo provando a dargli voce. Ad aprire la nostra voce alla sua. Insomma, una scommessa ardita. Nell'epoca dei Festival che va tramontando. Nell'epoca della attenzione distratta. Della partecipazione un po' al modo della notte bianca, svagata, stordita, passeggiante. Qui no. Qui si prova a sostare. E a fare un viaggio infinito. A mettere a fuoco. A far quel che la poesia come in Dante ha sempre fatto: la messa a fuoco della esperienza. Della realtà. Per questo ho voluto, oltre agli incontri, alle letture, alle performance dalla danza contemporanea al cinema, anche un concorso di Pubblica Commedia. Ovvero l'occasione per chiunque di farsi commentatore della opera di Dante. Scrivendo liberamente intorno a tre passaggi proposti. Perché Dante è di tutti, non solo degli esegeti esperti, che l'hanno reso incartapecorito con il fiato morto delle loro lezioni. E non è solo di Benigni, gran dicitore, che avvera la previsione di Eliot del 1919, secondo cui per far teatro popolare di poesia occorre l'attor comico.