Per queste pietre bianche gli uomini da sempre soffrono e si uccidono
Nella sua storia passata c'è il mistero che ha portato i testimoni delle grandi fedi monoteiste a considerare sacra questa terra, che ha prodotto guerre ed infiniti combattimenti per rivendicarne il possesso; nella sua storia recente c'è la follia di un conflitto di popoli e religioni che continua a spargere sangue intorno ai luoghi di culto più amati da tutti I credenti, venerati ad ogni angolo della terra, che ispirano ad ogni essere umano sentimenti di pace e tolleranza. Se non fossi vissuta nel lacerante confronto con queste insanabili contraddizioni, se non avessi visto intorno a me interrompersi e consumarsi la vita nella ricerca negata del futuro, forse non avrei saputo far altro che stringermi a don Gigi con tutto il mio affetto per cercare di lenire il suo dolore e per cercare di rafforzare la sua fede di fronte alla prova più dolorosa e più difficile da accettare. Tuttavia la commovente testimonianza della serenità con cui Santina ha affrontato la malattia e si prepara al ricongiungimento con il suo Dio, è una lezione troppo importante per non incastonarla, come una pietra preziosa, sul manto dorato che copre Gerusalemme e sotto il quale si nascondono le più variegate esperienze dell'uomo nella sua aspirazione terrena e trascendente. Mi pare di vederla, la mia città, la città di tutto il genere umano; vista al tramonto dal Monte degli Ulivi è come un miraggio bianco disteso sull'altopiano, macchiata dal giallo chiaro, dal rosa, dall'indaco della notte che scende. A quest'ora della sera, la cupola della moschea Al Aqsa riflette una luce più morbida e intensa, e tutta la città sembra bagnata d'oro: i tetti bassi che incorniciano i vicoli, le possenti mura di pietra chiara interrotte e alleggerite dai merli, dalle guglie e dai bassorilievi delle porte. Mi sembra di sentire le voci della città che si prepara alla notte, di vedere i pellegrini entrare dalla porta di Damasco. Appartengono a nazionalità diverse, indossano abiti molto diversi che li caratterizzano in modo inequivocabile, ma da qui appaiono come un unico fiume di persone che percorrono la stessa strada, verso la stessa meta, come attratte da un centro di gravità spirituale a cui è impossibile resistere. Percorrono insieme la ripida discesa che porta al suq dove si confondono i profumi dei fiori e delle spezie, verso un labirinto di vicoli stretti abbelliti sotto dalle meraviglie e dai colori dei negozi e delle merci esposte, e sopra dalle rose e dai gelsomini che fioriscono sui terrazzi. Sono soltanto poche decine di metri di pietra bianca con profondi gradoni, ma rappresentano il cammino comune di uomini spinti da una diversa fede e restano dunque uno dei più forti simboli della tolleranza e del dialogo. I pellegrini sono destinati a dividersi, i cristiani a destra verso la basilica del Santo Sepolcro, i musulmani a sinistra, pochi isolati dopo, per salire la Spianata delle Moschee, e gli ebrei giù verso il Muro del Pianto, ma senza saperlo si recano tutti a pregare lo stesso Dio. I simboli dividono, la preghiera unisce. È qui che sento vicino al mio spirito il grande insegnamento di Santina che il suo Dio lo porta con sé, strettamente legato al suo cuore in un rapporto così puro, oramai etereo, da non aver più bisogno di rivendicare, con umana debolezza, nessun riferimento di spazio e di tempo. Sembra che la saggezza di queste pietre millenarie che hanno visto gli assedi e le conquiste, che hanno visto prevalere a turno i difensori della fede delle tre religioni, e che hanno davvero misurato la povertà della condizione umana, trovi finalmente ragione nell'amore e nelle preghiere di una donna tanto forte e coraggiosa quanto modesta e devota. Una fragile madre che ci ricorda come Dio sia ovunque e segua con spirito di carità ogni istante della