Il verdetto del critico
D'accordo subito, e con entusiasmo, sul Leone d'argento al grande Alain Resnais per «Coeurs», che in italiano dovrebbe intitolarsi «Piccole paure private». Era una delle opere maggiori viste a questa Mostra, in equilibrio perfetto tra la letteratura e il cinema, con ricerche sul linguaggio del film di meditato, intelligente livello. D'accordo anche sul Leone d'argento speciale a Emanuele Crilese per «Nuovomondo», le cui finezze, sia come documento, sia come ricostruzione di un'epoca e di una cornice, sia come sottile analisi psicologica, avevo ritenuto giusto di segnalare appena l'altro giorno. È un accordo pieno, caldo, convinto per il Premio alla migliore attrice attribuito a Helen Mirren che, nonostante le ovvie difficoltà, è riuscita a costruirci un ritratto a tutto tondo della Regina Elisabetta forse non vero ma sempre verosimile non solo per la straordinaria somiglianza fisica, ma per la gestualità e la regalità accompagnate a momenti quasi dimessi di riflessione e di raccoglimento. Con perfetta armonia. Il resto suscita invece molti dubbi. Non perché, ad esempio, il bel film cinese qui proiettato a sorpresa, «Still Life» di Jia Zhang-Kee non meritasse un riconoscimento serio. Per la sua ispirata coralità, per lo studio fine dei suoi protagonisti e anche, pur non essendo un valore cinematografico, per il coraggio di dire, con voce ferma, certe verità sulla Cina di oggi, i suoi disagi, le sue contraddizioni. Però il Leone d'oro lo meritavano molto di più Gianni Amelio per «La stella che non c'è» o gli stessi Crialese e Resnais onorati solo a metà dai loro Leoni d'argento. L'errore più macroscopico, comunque, è stato commesso dichiarando migliore attore della Mostra l'americano Ben Affleck che non era nemmeno il vero protagonista di «Hollywoodland» (più di lui, indagando sulla morte del suo personaggio, lo era semmai il secco e arido Adrien Brody). E questo nonostante ci fosse in concorso, sempre con «La stella che non c'è», un interprete come Sergio Castellitto che era riuscito a dare, con totale rigore, il meglio in assoluto delle sue capacità espressive. Meritando di vincere tutti i primati (come ci dimostrerà, del resto, il seguito di questa stagione). Peccato, una Mostra così bella (di cui dirò ancora domani) offuscata da un verdetto a dir poco non molto ponderato. Non è una novità, però, né una eccezione. Con certe giurie, a molti festival, succede la stessa cosa.