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«I miei personaggi? Nascono per magia»

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Emmanuelle Béart in «Un crimine» è una vamp disorientata dall'amore

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La star francese, dopo «Mission/The Impossible», continua a «flirtare» con il Cinema americano per il quale la scopriamo a commettere «Un crimine» (A crime) a New York, ai danni del carismatico Harvey Keitel. Il film, diretto da Manuel Pradal e musicato da Ennio Morricone, uscirà nelle sale a ottobre: a Deauville, è stato presentato, fuori concorso e in anteprima mondiale, suscitando grande entusiasmo, soprattutto in direzione del fascino stordente di Emmanuelle Béart in versione «noir». Nelle notti acerbe di New York, nelle sue strade spente, dove si mescolano solitudini e passioni e dove, talvolta, volano persino i boomerang, Alice-Béart è innamorata del suo vicino (Norman Reedus) che, però, non sa darsi pace finché non troverà chi gli ha ucciso l'adorata moglie. Per regalargli la serenità e per trovare, così, spazio definitivo nella vita di quell'uomo, Alice gli fabbrica un colpevole che lei stessa si propone di eliminare: Roger (Keitel), un tassista di cui, però, si sorprende di essere fortemente attratta. Emmanuelle, come ha preparato questo personaggio così oscuro e conturbante? «Il mio approccio al personaggio, come spesso mi accade, è confuso e caotico. Non vengo da un lavoro di scuola, non so come lo preparo: c'è una scelta, c'è una storia e c'è qualcuno che mi spinge verso il personaggio. Ciò che veramente scelgo sono gli occhi del regista col quale dovrò lavorare per due mesi. Poi, arriva la concentrazione e cado sotto l'effetto permanente di qualcosa di impalpabile e di magico che mi fa sentire l'emergenza di dare vita al personaggio». Alice, non è il suo primo personaggio che comincia come «femme fatale» e poi si ritrova sbattuta dalle onde dell'amore. «Alice, per me, è una donna che vive a New York e che è ossessionata dall'amore: è forte e determinata, ma quando la vittima che ha scelto di sacrificare la fronteggia, lei perde il suo equilibrio. Non è proprio una "femme fatale", è una donna che soffre, che nutre dei dubbi, più che una criminale è la matrice di un crimine». Come si è trovata, lei così istintiva, con un partner perfezionista come Harvey Keitel? «Harvey viene dall'Actor's Studio e ha come filosofia la completa conoscenza di tutto ciò che riguarda il suo personaggio. È davvero un attore molto strutturato, ma poi, come un bambino o un animale, è capace di mandare in pezzi tutto quello che ha incamerato e di dare sfogo alla sua passione di grande interprete». Il suo sogno d'attrice? «Ne ho parlato a lungo anche con i produttori del film, quando ero a New York: ci sono due ruoli che sento come dei fantasmi e che devo assolutamente fare, la majorette in Australia e la speleologa in Patagonia. Spero che arrivi il giorno».

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