Virna Lisi, la star con il sorriso «che può dire ciò che vuole»
Alla fine degli anni Cinquanta la battuta era diventata di uso comune. Ce l'aveva trasmessa una pubblicità tv di «Carosello» in cui si proponeva in tutta la sua smagliante bellezza un'attrice emergente, Virna Lisi, intenta a sorridere con degli splendidi denti per richiamare l'attenzione su un dentifricio. Un successo per lei, per quella pubblicità, per l'opinione della gente che l'aveva addirittura assimilata al costume di quegli anni. Pure l'esordio di Virna Lisi era stato serio e severo: al cinema e con un autore di qualità come Franco Maselli. Il film, però, «La donna del giorno», anche se aveva ampiamente convinto noi critici — come sempre con Maselli — non aveva lasciato un segno molto profondo nelle nostre cronache. L'avevo conosciuta proprio in quell'occasione (era il 1957, aveva da poco passato i vent'anni): «Ero convinta di essermi impegnata molto — mi disse —. Il testo era serio, il regista era ed è fra i nostri più stimabili, eppure, attorno, non è scoccata nessuna scintilla, ad eccezione delle vostre lodi a Maselli ed a me. Cosa debbo fare?». Sullo schermo si era proposta qualche anno prima: piccoli film, piccole parti, quella volta, però, la storia aveva grandi meriti e lei vi dispiegava tutti quelli che già cominciava a possedere. Con risultati così poco appariscenti, comunque da rendere difficile la risposta alla sua domanda sul cosa fare. Si rispose però da sola, dedicandosi appunto alla televisione, e non solo in campo pubblicitario, e un po' anche al teatro (alla grande comunque, con Strehler). Senza dimenticare il cinema, e con autori di vaglia come Losey e Kramer all'estero, Risi, Germi, Loy, Festa Campanile in Italia. Avevo cominciato a seguirla, lieto di poter annotare queste sue imprese, onestamente portato, tuttavia, a non riconoscervi sempre un vero, indiscutibile successo. Era tutta impegni e diligenza, ma il suo volto — sempre più bello — non «bucava», come si suol dire, lo schermo e al cinema la gloria esige soprattutto quello. Presto, però, la svolta. Arrivata vicino ai quaranta, proprio quando altre attrici cominciano ad avere paura dell'età. Tre film non da protagonista, «Al di là del bene e del male» di Liliana Cavani, «Ernesto» di Salvatore Samperi e, soprattutto, «La cicala» di Alberto Lattuada, dove nonostante fosse ancora giovane, vestiva qui i panni di una madre. Mi sorpresi a dirle: «Quando non sei protagonista assoluta, sei grande». Comprese — perché, fra le sue tante lodi, ha anche una grande intelligenza — che si trattava di una valutazione estremamente positiva. Al cinema, come del resto anche in teatro, c'è chi nasce mattatore e chi sta bene, invece, e vince, nei secondi ruoli. Superando quelli cui sono stati affidati i primi. Virna Lisa vinceva con le parti cosiddette di fianco, portandole addirittura in primo piano. La riconferma, dopo quei tre film, dovevano darmela due film di facile successo popolare dei fratelli Carlo e Enrico Vanzina, «Sapore di mare» e «Amarsi un po'». Li riscattava soprattutto lei, con la sua dignità, la sua grazia, la sua misura. Mi accadde di dirle (e di scrivere qui) che quei film esistevano solo per lei che pure non vi aveva parti da protagonista. Con la possibilità, qualche anno dopo, di imporsi addirittura truccata da vecchia, e questa volta non in una parte proprio di fianco, in quel film di Luigi Comencini che si intitolava «Buon Natale...Buon Anno», avendo vicino Michel Serrault. Il tema era l'amore fra due coniugi anziani che la vita separava e che mettevano tutto in atto per ricongiungersi. Un ricamo, una fisionomia dolcissima, una profondità di espressioni con cui dava la replica, in sintonia perfetta, a quel mostro sacro del cinema francese che era Serrault, vincendolo in intensità e in calore. Eravamo alla fine degli Ottanta, la grande, grandissima occasione sarebbe arrivata agli inizi dei Novanta, con la parte di Caterina de' Medici nella «Regina Margot» di Patrice Chéreau. Un trucco pesante, che però non l'imbruttiva, un personaggio che la storia ci ha tramandato spesso a