Torna Beyoncé, la Venere del soul
Ma non era necrofilia né patriottismo: solo la festa nazionale Usa del 4 luglio, e lei era la star di un programma tv. I difensori della memoria patria insorsero, ma gli eredi del defunto inquilino della Casa Bianca fecero spallucce: «Se fosse vivo, magari il nostro vecchio si divertirebbe». Più che possibile: la presunta erede di Tina Turner per il trono del rhythm & blues è notoriamente uno splendore della natura. Anche dall'Oltretomba qualche vip non avrà mancato di adocchiarla. Quanto alle sue qualità di cantante, la faccenda è controversa: perché alla ragazza non manca la voce, quanto un repertorio affidabile, e forse la capacità di abbandonarsi in modo davvero sensuale al materiale che interpreta. È di quelle veneri che solo ad avvicinarle protestano perché temono di essere spettinate, e se vanno a letto dopo le dieci piangono per l'avvento di occhiaie e brufoli. Ma il mondo intero l'adora, come dimostrano i dieci milioni di copie vendute con il precedente disco solista "Dangerously in love" e i successi cospicui ottenuti in gruppo con le Destiny's Child. Tanto che la bella di Houston ha saltato lo steccato del pop, e si è cimentata anche nel cinema: comparendo ne "La pantera rosa" e girando, con un occhio all'Oscar e uno alla dieta (è dimagrita di nove chili in 15 giorni nutrendosi di acqua e limone), il musical "Dreamgirls", assieme a Jamie Foxx, che nell'81 conquistò Broadway raccontando la storia delle Supremes di Diana Ross. Finite le riprese, Beyoncé si è consultata in famiglia (il padre è il suo produttore, la mamma funge da stilista personale), per poi blindarsi in studio con un team di maghi del suono à la page (Rich Harrison, The Neptunes, Swiss Beats), e lavorando attorno a un bouquet di 25 brani da cui ne ha selezionati 11: ma se fossero stati due o tre nessuno avrebbe sentito la mancanza degli altri. Perché, paradossalmente, la cosa migliore di questo "B'Day" (sta per "Birthday", compleanno, e uscirà il 4 settembre, quando Beyoncé spegnerà 25 candeline sulla torta) è la traccia "fantasma" offerta come "bis" a chi ha la pazienza di arrivare alla fine del cd: una "Listen" (tratta proprio da "Dreamgirls") buttata lì finalmente con una vocazione soul. Per il resto, non ci siamo, anche se "B'Day" è stato concepito, a detta della star, come una "festa" pop-dance. Dove convergono più stili che idee: piace "Suga mama", con quel suo incedere retrò, tedia il prossimo singolo "Ring the alarm" (c'è per soprammercato il fastidioso sottofondo di una sirena), mentre quello attuale, "Deja vu" non regge il confronto con quel "Crazy in love" che a suo tempo sbancò le classifiche. Come allora, anche qui dà una mano il fidanzato Jay-Z. I due si sposeranno a novembre con un party da paperoni. Auguri e figli rapper. Molto più divertente "Idlewild", che gli OutKast hanno concepito come una folle colonna sonora per il loro film musicale uscito negli Usa, e dove i due componenti della band, "Boi Boi" Patton e André "3000" Benjamin interpretano il pianista e il manager di un club jnegli anni Trenta. Gli OutKast, domiciliati ad Atlanta, sono i campioni di quel genere denominato "dirty south" (il rap dove si parla di donne e soldi con un linguaggio da gangster). Tre anni fa, il loro "Hey ya" divenne un contagioso successo planetario: su internet giravano versioni parodistiche con Saddam che cantava "Hey Allah". In "Idlewild" gli OutKast si dimostrano degni eredi stilistici di quel visionario di Prince: qui ci immerge in un hip-hop obliquo, a tratti futuribile, sperimentale, stralunato, altre volte ci si balocca con gli stilemi della musica nera, e sembra di stare su una giostra soul e blues. Da far girare la testa.