Barbareschi nei panni di un principe senza dignità di fronte al trasformismo della Sicilia e dell'Italia
Poi, una querelle sui diritti d'autore, ha costretto i produttori dell'allestimento a rivedere la questione, per annullare, o almeno ridurre le inevitabili complicazioni addensatesi sull' iniziativa, il cui testo teatrale si deve ad Andrea Battistini, che ne ha curato anche la regia. Così, per la prima assoluta, ospitata dal Teatro Antico di Taormina nell'ambito della rassegna Taormina Arte, è stato adottato un nuovo titolo: "Il sogno del principe di Salina: l'ultimo Gattopardo". Non entriamo nel merito della diatriba ma è opportuno accennare alla vexata quaestio. La Titanus - detentrice, appunto, dei diritti del romanzo - minaccia, infatti, tuoni e fulmini anche penali; mentre i responsabili di questa nuova pièce, con il supporto dell'interprete principale, Luca Barbareschi, sostengono di avere fruito soltanto degli appunti e del diario lasciati dall'Autore, documenti messi a disposizione dal nipote Gioacchino Lanza Tomasi, che avrebbe anche collaborato "esternamente" alla struttura del copione. Durante la conferenza stampa sulla consistenza e sugli scopi dello spettacolo, comunque, soltanto una domanda ha toccato il merito della faccenda, domanda alla quale è stato risposto che il copione non ha alcunché da spartire con il romanzo, parlando - invece - delle realtà storiche che ci sovrastano. Tutto qui. Non rimaneva, quindi, che andare a vedere lo spettacolo rivelatosi, di fatto, come un allestimento esteticamente molto apprezzabile per le splendide scene, suggestivamente oleografiche di Carmelo Giammello, per i costumi elegantissimi e cronologicamente pertinenti firmati da Pietro Viotti, e per un'azione scenica molto ben curata dalla regia dello stesso Battistini, sottolineata dalle suggestive frasi musicali di Paolo Cillerai. È poi da notare che trama e avvenimenti storici, posti come retroscena essenziali dell'azione, sono pressoché identici a quelli del romanzo: la spedizione garibaldina dei Miille, i primi, incerti passi del regno d'Italia, i progetti di ristrutturazione e di ammodernamento del nuovo Stato, l'inguaribile vizietto del compromesso. Qui si inseriscono le speranze di una nuova, migliore dimensione umana, quelle di una rinascita della Sicilia, sempre agognata e mai del tutto comcretizzata. Anche nella pièce di Battistini, inoltre, il principe di Salina, nel quale non è difficile intravedere concreti riferimenti autobiografici - analizza uomini e situazioni, esprimendo dubbi e profezie. Si scorgono, in queste riflessioni ad alta voce, vizi e virtù dei siciliani e, più in generale, degli italiani. L'insopprimibile propensione a praticare la poco nobile arte del salto sul carro del vincitore, la speranza che le nuove generazioni siano migliori di quelle che le hanno precedute, e altro ancora, ivi incluso il corollario enunciato nel testo di Lampedusa e secondo il quale, "se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi". Insomma, dalla commedia di Battistini, non sembra emergere alcuna nuova allusione particolare; mentre è da dire che, nell'intricato bailamme di parole come pietre, di ritratti impietosi, il copione mostra il principe di Salina privo del carisma patriarcale descritto dal romanzo. In scena, dunque, un uomo qualunque, perfino piagnucolante, anziché l'uomo assai dignitoso e riservato, intransigente anche con se stesso, che intreccia straordinariamente questi aspetti della sua personalità alla propensione verso l'autorità e il decisionismo. Tutt'altro che il gigantesco esemplare di una specie - quella dei Gattopardi, appunto- in via di estinzione. Un esemplare che sarà facile preda degli sciacalli trovati per strada e destinati a succedergli. In altre parole, qui il principe di Salina si sente già una vittima, la prima vittima, rinunciando alla sua essenza che ne fa, invece, l'ultimo dei Gattopardi. E la tesi si