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Shostakovich, il «grigio» genio tra Stalin e Hitler

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7»,un capolavoro assoluto del 1941, non sia stata ispirata dall'invasione nazista e dall'eroico assedio di Leningrado ma sia in buona parte una requisitoria contro lo stalinismo? E davvero corre una sotterranea vena parodistica e sarcastica dentro quelle sue sinfonie che in modo più smaccato inneggiano ai grandi successi dell'Urss? La mostra del Manezh, ricca di fotografie che colgono Shostakovich nel suo privato e lo inseriscono nel contesto culturale dell'epoca, non cerca nemmeno una risposta a questi interrogativi di fondo sui quali da oltre un quarto di secolo i musicologi si accapigliano senza posa. «Shostakovich - scrive la curatrice, Oksana Dvornicenko - era intransigente nella sua attività artistica ma capace di compromessi nella vita. Ha assistito alla nascita e al crollo di regimi, per miracolo è scampato al tragico destino di milioni di suoi compatrioti, ha conosciuto la persecuzione e il trionfo. La sua vita ricorda un dramma storico, un romanzo avventuroso, un giallo». Ormai inserito nell'empireo dei più grandi compositori di tutti i tempi grazie all'eccezionale qualità di una vasta produzione che spazia dalle rutilanti sinfonie agli intimistici quartetti d'archi, dalle stridenti opere liriche alle levigate colonne sonore per film, Schostakovich nacque a San Pietroburgo il 25 settembre 1906 e rischiò a più riprese negli anni Trenta e Quaranta il Gulag per il formalismo della sua musica. «Anche se mi tagliano entrambe le mani continuerò a scrivere musica con una penna in bocca», disse una volta ad un amico ma in effetti quando si trovò in pericolo si inchinò alla volontà di Stalin e degli altri zar rossi. Tanto che alla morte nel 1975 il «New York Times» non ebbe scrupoli a definirlo un «devoto comunista» e il cantore ufficiale dell'Urss. Quest'immagine cambiò radicalmente nel 1979 quando il musicologo russo Solomon Volkov pubblicò in Occidente un libro dove venivano riportate molte sue conversazioni private con un vecchio e amaro Shostakovich, violentemente critico verso Stalin e il regime totalitario comunista. «Non ho nulla da obiettare - avrebbe ad esempio detto Shostakovich al musicologo - a che si parli di Sinfonia di Leningrado ma la mia Settima Sinfonia non riguarda l'assedio bensì la Leningrado che Stalin ha distrutto e che Hitler ha quasi spazzato via completamente». Malgrado il figlio Maksim ritenga affidabile la testimonianza di Volkov sul padre, le polemiche sono continuate imperterrite fino al giorno d'oggi. Probabilmente la verità sta nel mezzo, come lo stesso Shostakovich rimugina in una delle sue presunte conversazioni a cuore aperto con Volkov: «Ci sono pochi eroi e pochi furfanti. La maggior parte della gente non è nè bianca nè nera ma grigia. Ed è in questa mediana zona grigia che avvengono i conflitti di fondo della nostra epoca».

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